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Mihajlovic: “Con Allegri Juve in pole per lo scudetto. Se mi avessero chiamato…”

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Il tecnico del Bologna Sinisa Mihajlovic ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport:

“L’addio di Conte. Capita raramente che chi ha vinto lo scudetto in modo cosi convincente poi si separi. È chiaro che i programmi e le ambizioni tra lui e l’Inter non coincidevano più. Ma Conte, al di là della buonuscita, dimostra che si può rinunciare a una panchina importante se qualcosa non quadra più. Il colpo migliore? Senza dubbio Mourinho alla Roma. I Friedkin sono stati bravi a fare tutto in fretta. Se oggi fosse stato libero, Josè sarebbe potuto tornare all’Inter o al Real Madrid. Con lui la Roma non solo ha preso un grande allenatore, ma un leader e un grande uomo. L’ho capito durante la mia malattia: mi è stato vicino, con affetto e partecipazione, non lo dimentico. A Roma Mou può diventare un Re”.

Ritorno di Allegri? Dopo il tentativo di cambiare Dna con Sarri e la scelta del giocatore bandiera con Pirlo, la Juve è tornata sulle sue certezze: con Allegri ripartirà in pole per lo scudetto. Mihajlovic sta bene a Bologna. Ma in Italia si fatica a dare opportunità. Per i top club girano sempre gli stessi: si cercano tecnici che abbiano fatto le coppe, ma se non finisci in quei club le coppe non le fai. È un cane che si morde la coda… Faccio de nomi che avrebbero meritato una chance: De Zerbi che invece è andato all’estero e Italiano che è giovane e bravo: ha portato lo Spezia in A, lo ha salvato, cosa doveva fare per un salto ulteriore, camminare sull’acqua?

Il mio futuro? Io non ho preso alcun tempo e non ho trattato con altri club. Come ha spiegato anche l’ad Fenucci, a fine campionato la società mi ha proposto di vederci il 1° giugno per parlare della prossima stagione, lasciando a tutti una settimana libera per scaricare tensioni e tossine accumulate durante la stagione. Per me ci saremmo potuti vedere anche prima: la mia permanenza o meno a Bologna non dipendeva da altri club. Non sono ipocrita, se avessero chiamato Inter e Juventus non avrei rifiutato, ma non ho mai preso tempo per aspettare proposte. Il Bologna, per tutto quello che rappresenta per me, non sarà mai nella mia testa un piano B.

La mia malattia? Io sono grato al Bologna, alla città, alle strutture sanitarie, ai cittadini e ai tifosi per l’affetto e il sostegno che mi hanno sempre dimostrato. Ma che io ho ricambiato: il primo anno offrendo tutta la mia professionalità e salvando il club con un piede in B, il secondo facendo molto di più a livello umano. La società non mi ha mai messo in discussione quando mi sono ammalato ed è stato fantastico: ma quanti altri al posto mio avrebbero guidato la squadra da un letto di ospedale tra un ciclo di chemio e un altro? Sono andato in panchina più morto che vivo. Avevo difese immunitarie bassissime, con mascherina e distanziato da tutti mi presentavo allo stadio e poi tornavo in ospedale a curarmi. Ho fatto cose quasi folli per il Bologna. Ma non mi piace doverlo ricordare. Quello tra me e il Bologna è stato e spero continui ad essere un rapporto d’amore. E chi si ama non rinfaccia il proprio amore, non lo sta a misurare. Ho avuto tanto, ma ho dato tutto. Sono sempre stato un uomo divisivo, fa parte della mia natura, schietta e spesso rude. Ma non sono un falso. Capisco che un malato di leucemia unisca tutti senza se e senza ma. Poi quando la malattia non c’è più, resti solo un allenatore di calcio e magari torni quello stronzo arrogante di Mihajlovic, pure zingaro… Non pretendo l’unanimità, che mi fa pure un po’ paura. Possono applaudirmi o fischiarmi, è giusto così. Ma sappiano che non scaldo una panchina: se sono ancora qui è una garanzia anche per loro”.

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