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TORINO – In una lunga intervista concessa a Repubblica l’allenatore del Real Madrid Zinedine Zidane ha parlato del sorteggio di oggi e del possibile incrocio con la Juve: “Ora arriva il difficile e il bello, il periodo che i giocatori aspettano di più, ci si gioca tutto. Stiamo bene, siamo contenti per come siamo messi: leader in Liga e ai quarti di Champions, non male direi. A questo punto della competizione sono tutte temibili le avversarie, dalle grandi al Leicester, il club che rovescia tutti i pronostici e che nessun allenatore vorrebbe affrontare. C’è solo da aspettare il nostro destino nell’urna.”
PRIMA DA EX – “Se dovesse capitare la Juve sarebbe emozionante. Devo molto ai bianconeri. Arrivai a 24 anni dal Bordeaux, per me fu un grande passo in avanti. Non era un club ai livelli del Real Madrid, che è il più grande di tutti, ma imparai moltissimo, crebbi come calciatore e come uomo. E i primi tempi giocavo male, non ero inserito, tutti dicevano che ero un acquisto sbagliato. Solo Marcello Lippi credeva in me. Alla fine ebbe ragione lui. Vincemmo un paio di campionati e perdemmo una finale di Champions… Anzi due, avevo rimosso quella contro il Dortmund nel ’97. Con le sconfitte capita.”
PRESSIONI – “Da Carlo ho imparato molto, sicuro. Ma non mi sento così cambiato, ero tranquillo anche da calciatore, ma quando mi provocavano reagivo, si sa… Mi vedo uguale a prima. Forse sorrido un po’ di più. Pressione? La avverto, ce n’è un sacco. So bene cosa voglia dire questo ruolo nel club più importante al mondo: è difficilissimo. Ma la mia filosofia è semplice: è una tale enorme fortuna guidare il Real Madrid e allenare simili giocatori, i migliori del mondo, che me la godo ogni giorno. Certo non è facile, a volte esci insoddisfatto da un allenamento, ma sai che il giorno dopo potrai ripartire, perché la qualità di questa rosa è fantastica. Così ho quasi sempre il sorriso addosso. Non mi vedo in panchina a 60 anni. Mi piace quello che faccio, ma a quell’età starò senz’altro con la mia famiglia, non scherziamo”.
PARAGONI – “Allenare è molto più difficile di giocare. Il calciatore deve pensare solo a giocare e se qualcuno vi dice che è stressato pure da altre cose, mica è vero. Da allenatore devi pensare a tutto, tutti i giorni. Vuoi che i tuoi giocatori siano contenti e lavorino bene, e tutti e 24, mica solo alcuni, e devi farli migliorare. Si migliora sempre: io ho continuato a imparare fino a 34 anni, quando mi sono ritirato. Mi piace molto dover gestire un gruppo. Non è per niente facile, ma mi piace”.
IL REAL – “Il top del top. Il club più grande del mondo. Ricordo le sensazioni del mio primo giorno al Bernabéu, quando il Real Madrid mi comprò dalla Juventus. Non avevo mai neppure giocato lì, fui presentato al pubblico, provai un’emozione indimenticabile, come uomo e come calciatore, mi dissi: ‘Qui starò da Dio. E farò cose meravigliose’”.
LA PRIMA SQUADRA – “Quando Perez mi ha chiesto di allenare la prima squadra stavo preparando una trasferta del Castilla, la squadra B del Real Madrid, contro l’Ebro, su un campo sintetico. Arriva il presidente, che qui comanda tutto, e mi chiede se me la sento. Rispondo di sì. Un attimo dopo non pensavo più all’Ebro, ma a Cristiano Ronaldo”.
OBIETTIVI – “È la Liga più equilibrata degli ultimi anni e la Champions League è sempre lei. Siamo qui per cercare di vincere tutto, il Real Madrid è questo. Non devi pensare: devi agire, devi vincere, o fare di tutto per riuscirci. È un’altra cosa che mi piace: l’impegno totale nella costruzione di una vittoria”.
NESSUNO COME ZIZOU – “Oggi non esiste un giocatore che si possa paragonare a me. Non mi piacciono i paragoni, ma uno Zidane adesso non esiste proprio. Ero unico (ride, ndr)”.
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