TORINO – È la convinzione che frega la gente. Già, la gente. Ma nel calcio è la convinzione a fare la differenza e si è visto benissimo a Cardiff. Eppure la Juve sa benissimo quanto la convinzione possa aiutare, lo ha dimostrato per anni in Italia, ma mai in Europa. La squadra di Massimiliano Allegri è arrivata a Cardiff con pieno merito e aveva tutto, da un punto di vista tecnico, per giocarsela alla pari con il Real. Lo ha anche dimostrato per 45 minuti, salvo poi alzare bandiera bianca nel momento che conta, esattamente come fanno le sue rivali in Italia. Un cambiamento radicale, più mentale che tecnico, che dovrà essere il punto da cui partire per la prossima stagione.
Sogni e obiettivi
La Juve quest’anno aveva un obiettivo e un sogno. L’obiettivo l’ha raggiunto, il sogno solo sfiorato. Chiudere per il terzo anno consecutivo la doppietta campionato-Coppa Italia era visto come un target da raggiungere, un doppio successo che non poteva essere fallito. La Champions invece sì, era “solamente” un sogno. Cardiff non era un miraggio, ma un qualcosa da immaginare solamente nelle ore notturne, una ciliegina sulla torta. Eppure durante tutta la campagna europea della squadra di Massimiliano Allegri si è visto un gruppo pronto a vincere, la Juve aveva tutto per alzare la coppa. E invece…
Invece succede che la Juventus si scopre clamorosamente fragile, dopo un primo tempo giocato anche bene. Evidentemente, negli spogliatoi, la squadra si è resa conto che questo non era più un semplice sogno, ma un qualcosa di veramente raggiungibile. E in quel momento, le gambe hanno iniziato a tremare. Il sogno è diventato paura, è venuto il famoso braccino ai bianconeri che nel secondo tempo sono letteralmente spariti dal Millennium Stadium di Cardiff. E parlare dei singoli ha senso, ovviamente, ma è secondario. Il paragone, se proprio bisogna farne qualcuno, va fatto con gli avversari di Cardiff, probabilmente una delle squadre più forti della storia del calcio.
Mentalità madridista
Sia chiaro, chiunque avesse dalla sua parte quel marziano con la maglia numero 7 andrebbe a Cardiff sicuro dei propri mezzi. Da agosto però il Real Madrid non ha fatto altro che focalizzarsi su due obiettivi, nessun sogno. Tornare a vincere la Liga dopo quattro anni e andare a Cardiff per essere la prima squadra della storia della Champions League a vincere per due anni consecutivi. Obiettivo, non sogno. E pensare che qualcuno aveva definito come supponente l’atteggiamento del Real Madrid. La parola giusta è vincente, lo specchio della stella dei blancos. La Juve aveva fermato Messi, Suarez e Neymar perché era convinta di poterlo fare, non è riuscita a farlo con Cristiano Ronaldo perché sognava di farlo. Differenza minima, ma che differenza!
Come ripartire
Ciao Cardiff, ora c’è Kiev. E Kiev deve essere l’obiettivo. E il settimo scudetto. E la Supercoppa italiana. E la Coppa Italia. Insomma, l’obiettivo deve essere, questa volta, vincere tutto. La Juve l’anno prossimo deve andare all-in, anche a costo di arrivare a giugno e parlare di “fallimento”. Le ultime tre stagioni sono state vincenti, ottime e a tratti strepitose. Ma manca qualcosa, e quel qualcosa te lo devi andare a prendere, perché nessuno te lo regalerà. Tutto giusto ciò che dice Allegri, giocare due finali in tre anni porta la Juve nell’élite del calcio europeo, ma ora la Juve deve tornare ad essere la Juve. Non è importante fare presenza a Berlino. Non è importante fare presenza a Cardiff. E, soprattutto, non sarà importante fare presenza a Kiev. La Juve deve tirare fuori il suo slogan anche in Europa: “Vincere non è importante, ma l’unica cosa che conta”