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TORINO – Intervistato da La Repubblica il centrocampista della Juventus Miralem Pjanic ha parlato della sua carriera e del suo passaggio alla Juve: “Dov’è casa mia? Lo è il Lussemburgo, lo sono state Metz e Lione, mi sono sentito a casa a Roma. La realtà è che non ho una vera e propria radice ma questo non mi disturba. Anche se credo che alla fine tornerò in Lussemburgo. Papà, che militava nella serie B jugoslava, voleva portarci via dalla guerra e trovò un contatto con una squadra lussemburghese. A 13 anni mi ha notato il Metz e da lì è cominciato tutto. Metz, Lione, Roma, Juventus: messe in fila così? Dico un progresso continuo. Ogni cambio è stato un salto di qualità, anche se la mia bacheca è ancora vuota: a Lione avevano vinto sette campionati di fila, ma con me solo secondi posti. Se succedesse anche alla Juve direbbero che porto male. Il rapporto con la Roma? Era il momento di andare. Ho sempre creduto alle promesse del club, rinnovando il contratto. Continuavano a ripetermi che avrebbero costruito una squadra da scudetto, ma purtroppo in cinque anni non abbiamo vinto niente. Ne ho 26, la carriera non dura in eterno, non potevo più aspettare. La Juve mi voleva da anni. Ne ho parlato anche con Spalletti, con De Rossi e con Totti. Francesco mi ha detto che gli dispiaceva ma mi capiva. Avrebbe preferito che rimanessi in giallorosso ma sapeva che dovevo fare la mia strada. Amerò sempre Roma e la Roma, ma era giusto andarsene. Solo una maglia non potrei mai mettere: quella della Lazio, perché ho giocato nella squadra buona di Roma. Quanto ci ho messo a dire sì alla Juve? Il tempo di capire quanto mi volessero. Ero quello che a loro serviva. Era andata allo stesso modo anche con la Roma: Sabatini e Luis Enrique mi convinsero dimostrandomi quanto tenessero a me. La Juve in Champions? È vero che in Europa il livello è più alto, ma a quel livello la Juve c’è. Ha storia, esperienza, giocatori. Io credo in questa squadra e questa squadra crede in quello che può raggiungere. L’unica partita che ho sbagliato è stata quella di Palermo. Contro l’Inter non penso di aver fatto così male, anche se è ovvio che se sto più vicino alla porta mi si nota di più. Il gol? Mi manca una punizione: non ne abbiamo ancora avuta una nella mia posizione preferita. La Juve da fuori sembrava molto tosta, sapevi che era quasi impossibile che perdesse. Qui ho capito perché: costi quel che costi, si vuole vincere, e nient’altro” E intanto Bonucci commuove l’Italia: CONTINUA A LEGGERE