TORINO – Ricordate Gianni Improta? Se la risposta è ‘no’, sappiate solo che è un ex calciatore e allenatore. Napoletano ed ex Napoli. Uno del gruppo storico del 1970, per intenderci. “Ma non ho avuto l’onore di vincere il primo scudetto con il Napoli perché una squadra di per sé come la Juventius veniva in qualche modo favorita”, spiega subito a Il Roma, ecco qua.
“Quando un colosso del genere riceve degli aiutini, diventa impossibile da sconfiggere – racconta – non puoi fare niente. Negli anni Settanta era già evidente che il sistema fosse viziato. Già all’epoca era presente la sudditanza psicologica, ma non solo per la Juventus, piuttosto verso tutte le squadre. Mi riferisco anche al Milan, all’Inter e alle altre squadre dal grande blasone. Le altre potevano fare ciò che volevano, ma le grandi ricevevano sempre degli aiuti e quindi era difficilissimo batterle, sia nella partita singola che nell’arco di un intero campionato. E’ anche per questo che gli scudetti hanno preso quasi sempre le stesse direzioni. Alle volte si andava a San Siro e si aveva la sensazione che fosse inutile scendere in campo”.
Il racconto è al limite del paradossale. Soprattutto quando si sposta sui giorni d’oggi: “Il fatto stesso di non far più intervenire la VAR rende tutto chiaro. Questa è una tecnologia che deve intervenire d’ufficio, nel momento in cui ci sono degli episodi non chiarissimi. Non deve essere richiesto né dagli arbitri né dagli allenatori né dai calciatori, ma bisogna farne uso ogni volta che le situazioni di gioco non sono cristalline per tutti. Non servono reclami, ma quando c’è un episodio dubbio, deve intervenire e chiarirlo. Nelle ultime settimane questo non accade più, anche su episodi molto molto dubbi. Io mi chiedo: perché? All’inizio sembrava che il VAR facesse la sua segnalazione all’arbitro tutte le volte, per due mesi circa è stato così, poi qualcosa è cambiato e si è capito il motivo”.
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