TORINO- Tra i migliori in questo avvio di stagione bianconero c’è sicuramente Miralem Pjanic, che ha già realizzato gol pesanti ai fini della classifica. Il centrocampista bosniaco, assente per infortunio nel match di stasera con il Genoa, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di esquire.com: “Se trovi ambizione in quello che fai,
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hai sempre un motivo per crescere e volerti migliorare. Il mio stimolo è quello di eseguire in partita ciò che mi viene richiesto, di rispondere in maniera positiva a cosa vuole il tecnico. Tradurre in pratica ciò che hai studiato è fondamentale se vuoi vincere le partite. Fiducia? Ne ho tanta, ma del resto senza testa non puoi competere a certi livelli. Quando sei giovane non è facile, perchè hai molti sbalzi emotivi. Devi tirare dritto per non perderti per strada. Io ho sempre voluto essere tra i migliori e continuo a farlo. Nuova Juve? Si, c’è stato un cambiamento nel modo di giocare, ma dipende tutto da cosa vuole il mister. È il primo responsabile e deve portare avanti le sue idee per la squadra. Mi diverto molto a giocare così e sono convinto che con il tempo miglioreremo ancora molto. Assist? Mi soddisfa farne uno, mi è sempre piaciuto come gesto. Quello che conta, alla fine, è la vittoria. Gioco di prima? Mi piace vedere la giocata in anticipo e precedere gli avversari, che è un particolare importante nel calcio moderno. Emozioni? La più grande è stata sicuramente l’esordio da professionista con il Metz, contro il Psg. Se ci ripenso mi vengono i brividi ancora oggi. Futuro? Riuscissi a rubare qualcosa da tutti i miei tecnici sarei un grande allenatore. Non escludo questa ipotesi, anche se so che non è un ruolo semplice. Da un lato trasmetti le tue idee sul campo ai tuoi uomini, dall’altro devi cercare di venire incontro a tutti per accontentarne le esigenze. Passioni? Mi piace leggere e informarmi su ciò che accade, anche per mio figlio. Ispirazioni? I miei punti di riferimento sono Muhammad Alì e Michael Jordan, due esempi della parola sport. Calcio? Lo amo troppo, non posso farci nulla. Ci sono tanti giovani di talento in giro, ma la strada per raggiungere il livello di giocatori come Xavi è molto lunga. O come Busquets, un altro che mi piace sempre guardare. Mi affascina la semplicità, che non è banalità. Il calciatore bello da vedere non è quello che ti ruba l’occhio con una finezza, ma quello che con giocate apparentemente semplici fa girare tutta la squadra. Ciò che mi muove sul campo è l’idea di far giocare bene la squadra con gesti essenziali. Razzismo? Servono punizioni esemplari per punire questo fenomeno. Il calcio deve essere una festa e non c’è spazio per gli ignoranti come i razzisti”.