TORINO – Andrea Agnelli è ospite di Pierluigi Pardo a Tutti Convocati, la trasmissione di Radio 24. Queste le sue dichiarazioni sull’emergenza Coronavirus, che avrà pesanti ripercussioni anche sul calcio italiano: “La priorità per il sistema paese deve essere la salute pubblica. Quello che deve prevalere, e che noi sosterremo sempre, è la preservazione della salute pubblica. L’interruzione del campionato è molto difficile, abbiamo già un calendario intasatissimo che fa sì che recuperare delle partite rinviate diventa estremamente difficile”.
Juve-Inter rinviata o a porte chiuse? “Giocare Juventus-Inter in uno stadio diverso da quello ipotizzato è estremamente complicato. Di questa situazione ne risente il campionato, ne risente una sfida storica per il calcio italiano, ma la priorità è, ripeto, la conservazione della salute pubblica. L’ordinanza in Piemonte vige fino a sabato. In questo momento la partita si svolge regolarmente all’Allianz Stadium con il pubblico. Valutiamo poi l’evolversi della situazione, e che se si decidesse di giocare a porte chiuse sarebbe una scelta giusta”.
Sul momento bianconero: “Io valuto un’intera stagione e non una partita soltanto. Non si può vincere sempre a gennaio e arrivare a questo punto della stagione da primi in classifica è già un grande risultato”.
Su Sarri e Allegri: “L’amicizia e la stima nei confronti di Allegri non cambiano. Le valutazioni poi sono state diverse, perché abbiamo scelto collegialmente di cambiare la guida tecnica. Abbiamo individuato in un tecnico con le caratteristiche di Sarri la giusta alternativa”.
Su Conte: “Noi pensiamo a chi vogliamo, non a chi non vogliamo. Volevamo Sarri e lo abbiamo preso. Conte ha alzato la Champions con la Juventus, ha vinto dei campionati. In questo senso Conte è Juventus.Con Antonio il rapporto è cordiale e disteso come deve essere. Poi siamo in un contesto fatto di professionisti, lui ha ritenuto che la sfida di allenare l’Inter fosse la più giusta per lui.
Sull’influenza degli sponsor nella scelta dell’allenatore: “Gli sponsor sono molto juventini. Quello che interessa agli sponsor è il risultato. Allo sponsor interessa avanzare nelle competizioni, la visibilità. Non è attraverso il bel gioco, ma attraverso il risultato”.
Su Guardiola: “Dire di non pensare a Guardiola diventerebbe un’eresia. Ma al momento Guardiola è molto felice dov’è. Quando si parla di professionisti del genere bisogna anche considerare il momento che stanno vivendo. Noi in questo momento siamo molto felici con Sarri. L’idea che avevamo quando abbiamo preso Sarri era quella di un’impostazione su più anni. La forza di un’idea sta nella sua prosecuzione nel corso del tempo”.
Sul risultatismo di Allegri: “Non è che chi vuol vincere è allegriano, chi vuol vincere è juventino. Statisticamente, abbiamo vinto 8 scudetti e siamo in corsa per il nono. Giocheremo anche per vincere il decimo, ma la statistica dice che vincere per noi diventa sempre più difficile”
Su Napoli-Barcellona: “Più avanzano le squadre italiane più migliora il ranking europeo, quindi da questo punto di vista tutto può servire”.
Sull’ossessione Champions: “Bisogna vincere è diverso dall’essere un obiettivo. Bisogna significa che vincere è un imperativo. Io parto con un sogno o parto con un obiettivo, sono due condizioni diverse. Questo obiettivo significa che lo status della Juventus a livello europeo è cambiato”.
Sulla Lazio: “Va temuta la spensieratezza, non hanno l’obbligo di vincere. Questa spensieratezza a marzo e aprile può essere un grande vantaggio per loro, ma la stessa può diventare un nemico. Due o tre risultati negativi possano far sì che ci si accontenti di una qualificazione alla prossima Champions, che a oggi è piuttosto probabile”
Su Inzaghi: “Simone e Filippo li conosco da 30 anni. Vicino a dove sono cresciuti loro c’è anche casa dei miei zii. Sono due ragazzi per bene e devo dire che in questa fase Simone ha fatto un grandissimo lavoro. Bisogna vedere come se e quando reagirà all’obbligo di vincere”.
Sull’operazione Ronaldo: “Il modello della Juventus è sempre stato basato sull’ambire a vincere. Gli acquisti di Platini e Zidane sono stati acquisti che hanno alzato al dimensione sportiva della Juventus. Oggi c’è anche un’implicazione maggiore, che è la dimensione economica. Partecipare a determinate competizioni sposta molto su quello che è il fatturato del club. C’è quindi la possibilità di monetizzare sugli strumenti mediatici moderni. Ronaldo è stato il primo giocatore su cui abbiamo fatto una valutazione congiunta tra area sport e area finanziaria e abbiamo visto che le valutazioni coincidevano. Ronaldo ha portato dei benefici straordinari a livello di riconoscibilità da parte degli sponsor e oggi la Juventus ha alzato parecchio il suo impatto a livello di brand”.
Su Messi in Serie A: “Se tutte le prime cinque squadre italiane avessero un campione di quel livello sarebbe soltanto un bene. Il nostro problema, come movimento italiano, oggi è l’estero. Il fatto che all’estero se provi a vedere una partita di Serie A hai dei grossi problemi”.
Sulla crescita economica della Juventus e sul gap con i top club europei: “Il percorso di crescita fuori dal campo della società soddisfa ampiamente la storia recente. Il delta che c’è oggi tra noi e i top club europei è lo stesso che c’era 10 anni fa. C’è stata una crescita omogenea per chi ha delle ambizioni internazionali. Il riconoscimento delle prestazioni dentro e fuori dal campo è stato riconosciuto come crescita zero. La Juventus in questi 10 anni investe fuori dal campo circa 450 milioni di euro. Pensiamo allo stadio, al J Village, all’albergo e a tutte le nuove realtà della Juvetnus. Quello di cui si potrebbe parlare è una dimensione meritocratica della distribuzione delle rendite del campionato italiano. Se quello che viene premiato è soltanto la presenza negli stadi, noi con uno stadio da 41mila posti non sfruttiamo tutto quello che investiamo”.
Sul prossimo mercato: “Una delle parti che più fa sognare il tifoso è il mercato e l’arrivo dei giocatori. Queste sono domande che vanno poste a chi di dovere. Se in estate arriverà un esterno d’attacco, un centrale di difesa o un grande terzino sarà decisione di Paratici”.
Marotta d’accordo con l’operazione Ronaldo? “In quel momento Marotta faceva parte del gruppo dirigente e la valutazione congiunta tra le due aree della società ha portato alla decisione di proseguire nell’operazione”.
Su Paratici: “Paratici è un grandissimo dirigente, lo ha dimostrato negli anni precedenti e lo sta dimostrando tutt’ora. L’unica differenza rispetto al passato è che oggi è sotto osservazione. Ma bisogna anche valutare il percorso che fa un dirigente, e il suo oggi non è sotto esame. Il suo è un percorso iniziato nel 2018 e che verrà valutato nel 2021”.
Su Lukaku e Haaland: “Se apro i giornali, per fortuna, ci accostano tutti i migliori giocatori del mondo. Se guardo le speculazioni durante tutto l’anno dovremmo acquistare 50-60 giocatori. Evidentemente non possiamo acquistarli tutti”.
C’è spazio per un altro colpo alla Ronaldo: “Una squadra si costruisce con una determinata logica. Alcuni giocatori possono rientrare in quel tipo di ragionamento, ma alcuni giocatori sono anche felici dove sono”.
Sul match contro il Lione: “C’è grande rispetto, ma anche di grande consapevolezza nei nostri mezzi. Ora arrivano le partite per le quali questi giocatori vogliono giocare”.
Sulle parole di Klopp: “Io non mi interesso di queste dichiarazioni, perché è il gioco delle parti. A me interessano le dinamiche all’interno del nostro spogliatoio e quello che avviene in Juventus. Questo gioco delle parti è anche divertente perché accende entusiasmo nei tifosi”.
Sulla crescita del movimento italiano: “Io non sono d’accordo che l’Italia sia un limite per squadre come Juventus o Inter, anzi. Se uno fa il ragionamento contrario e pensa al sano immobilismo dell’ultimo decennio rispetto alla crescita di Liga e Bundesliga, credo che invece dovessimo ricominciare per uno sviluppo del calcio italiano. Il vero sviluppo nel calcio europeo è in Italia. Se dovessimo cambiare marcia avremmo grande potenziale di crescita. La Spagna ha saturato, la Francia vive su un club, la Bundesliga ha problemi di distribuzione. In Italia c’è tantissimo lavoro che si può fare sull’internazionale. Noi possiamo mettere tutte le settimane gare come Roma-Napoli, Inter-Milan, Juve-Lazio. Il modello dell’anno scorso è valutato solo per la parte alta del meccanismo piramidale. È stato comunque un buon momento di confronto, ho rapporti con Tebas con cui mi sento quasi settimanalmente. Per evitare che i bambini di oggi fra 10-15 non si disaffezionino, perché nessuno li porta più allo stadio o perché è difficile fruire il prodotto calcio, bisogna capire cosa attrae. Cioè le grandi partite”.
Sull’assenza di Chiellini: “È un leader e un grandissimo campione, che mancherebbe a qualsiasi squadra. La sua assenza si è sentita, ma la rosa tecnicamente non lo fa rimpiangere con Bonucci, De Ligt, Demiral e Rugani”.
Sul VAR: “Per me il tema è ridurre al minimo possibile il margine d’errore dell’arbitro, qualunque sia lo strumento che viene utilizzato”.
Sulle parole di Commisso: “Mi ha fatto piacere, perché hanno fatto capire a Sarri cosa vuol dire essere Juventus, cos’è la violenza mediatica che si scaglia contro la Juventus”.
Sui pochi italiani nella Juve: “Mi viene da riesumare una battuta di mio padre. Potessi scegliere vorrei undici di Torino. Serve un percorso di crescita della Juventus, è evidente che uno zoccolo di italiani per motivi culturali rafforza la sua identità”.
Sul derby con il Torino: “È una partita difficile. Se la vinciamo è normale, se la perdiamo se ne parla per sei mesi”.
Sui 100 anni della famiglia Agnelli alla guida della Juventus: “Quando vinciamo un trofeo lo portiamo al museo e cerchiamo di crearci una storia. Quando vincemmo il quinto titolo c’era mia zia, Maria Sole, che disse ‘quanto tempo che vi aspetto’. Speriamo che il ciclo continui”.
Sul futuro europeo della Juventus: “Noi abbiamo la consapevolezza che il piano presentato agli investitori sia la strada da proseguire. Sapevamo che questo sarebbe stato un anno di transizione per incrementare i ricavi e rafforzare patrimonialmente la società. Ho anche l’idea di avere una squadra fuori dal campo con Ricci, Re, Paratici e in campo con la scelta di Sarri che sono le persone che possono andare avanti nei prossimi anni”.
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