Nel suo editoriale su sportitalia.com, Paolo De Paola ha analizzato la vicenda riguardanti l’arrivo di Luciano Spalletti alla guida della Nazionale italiana di calcio. Ecco cosa ha scritto: “La regola è un metodo codificato per affrontare i problemi. Ovviamente non tutti i problemi sono uguali. E non tutti i problemi sono ripetitivi. Per questo motivo esistono le eccezioni alla regola. Scegliere un commissario tecnico della Nazionale è regola, ma essendo unico può diventare eccezione. I club invece sono tanti e la loro concorrenza non permette eccezioni. In Italia siamo abituati a dividerci su tutto, ma era difficile prevedere che si creassero due partiti su una clausola contrattuale. Il dibattuto non si è mai sviluppato sulla scelta di Spalletti alla guida degli azzurri. No, quello non è mai stato messo in dubbio. La discussione è montata su come Spalletti dovesse liberarsi dall’impegno col Napoli. Avessi detto. Un vero caso… nazionale”.
De Paola ha sottolineato il concetto di Nazionale come bene collettivo estraneo alle logiche di club: “Come spesso capita, in simili frangenti, sono scese in campo schiere di, più o meno, improvvisati avvocati e giudici che ripetendo come un mantra di “rispettare la regola” affermavano: guai a tradirla o sottometterla perché non esisterebbe società civile. Ma davvero? A parte che ci sarebbe molto da obiettare sulla coerenza di certe affermazioni, ma pur concedendo la massima buona fede a tutti, è così difficile comprendere di che cosa stiamo parlando? La Nazionale appartiene a tutti e se il Napoli, inteso come società, considera un “danno” cedere Spalletti alla Nazionale saranno problemi fra tecnico e società. È un fatto privato mentre la Nazionale è un bene pubblico. E non accenniamo nemmeno al cattivo gusto di una simile polemica perché tutti dovrebbero essere felici di contribuire al bene di ciò che unisce calcisticamente una nazione”.
Il giornalista ha proseguito dicendo: “Comunque, come era facile prevedere, Spalletti è diventato il nuovo ct azzurro. Semplice, semplice: la vicenda si è chiusa in un paio di giorni per decidere staff e fissare dettagli. Con buona pace dei tanti agitatori. Poi, ma molto poi, se la vedranno gli avvocati. Oltretutto non si comprende il reale interesse di chi ha protestato visto che la separazione si era già consumata e che non c’era nessun club concorrente dietro il divorzio col Napoli. È solo per il gusto di fargliela pagare a Spalletti? Ma nemmeno questo è immaginabile, perché è pur sempre l’artefice del terzo scudetto dopo 33 anni. Il demiurgo di una squadra dal gioco fantastico. E dei rapporti deteriorati con De Laurentiis ormai lo sanno anche i sassi. Allora è solo una questione di principio divampata improvvisamente come se scegliere l’allenatore della Nazionale possa diventare oggetto di una disputa partecipativa. Sgombriamo subito il campo: Gravina è insieme a Tavecchio fra i peggiori presidenti federali della storia. Bastano, da sole e senza considerare tutto il resto, le due eliminazioni dal Mondiale per entrambi. Ciò però non toglie la libertà di scelta di una federazione. Rapidamente come si è infiammata, così, la vicenda si è sgonfiata non avendo una solidità propria. Ora, l’unica curiosità è sapere come finirà l’eventuale piega legale che potrebbe assumere il caso. Quel che è sicuro è che nessuno può vantare certezze su questo argomento senza evitare di piombare in una partigianeria lontana da ogni logica”.
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