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L’ex portiere della Juventus e della Nazionale Italiana Dino Zoff, ha parlato intervistato dai microfoni di Tv2000, ai quali ha parlato della sua carriera e della sua famiglia, con un occhio al calcio di oggi e ai cambiamenti avvenuti da quando era a difesa dei pali di una porta: “Quando giocavo in Serie A, presi un gol e mio padre mi disse ‘ma come mai quel gol lì’. Io gli risposi: ‘non mi aspettavo che tirasse!’. E lui: ‘ma perché, cosa fai? il farmacista? Se non te lo aspetti tu che fai il portiere… “Nella mia famiglia quando si facevano le cose si dovevano fare bene. Mio padre diceva che non ha importanza che lavoro fai, l’importante è lavorare bene. Non si parlava molto una volta, ma erano cose ‘scritte’ dappertutto, anche se non erano scritte. Non c’erano scuse su niente a casa mia”.
“I miei genitori certamente erano orgogliosi, ma sempre preoccupati che dovessi fare le cose per bene. Era una regola. Ogni tanto mi seguivano, però sempre con un certo distacco, non c’era questa pressione. Non c’erano procuratori una volta e si gestiva l’ingaggio personalmente con il presidente. Quando dall’Udinese son passato al Mantova, mio padre disse; vai da solo, impara a vivere. Lui aveva esperienza di tanti anni di guerra. Mia madre era perfetta in tutto, molto dolce, anche se poche coccole, aveva molto da lavorare”.
“Oggi mancano delle cose importanti che valgono per tutte le generazioni: il comportamento, l’educazione, la visione del prossimo, la dignità, il rispetto per l’avversario. Sono cose che dovrebbero esserci sempre. Dopo aver fatto un gol generalmente mi capitava di non esultare oltre il limite per rispetto degli avversari. Le esultanze? Le cose studiate prima non mi piacciono. Dopo un gol va bene esultare ma un balletto studiato prima della partita non mi piace. Non c’è rispetto dell’avversario. Va bene l’esultanza, ma il balletto no”.