Il Presidente dell’ AIA Alfredo Trentalange, ho rilasciato delle dichiarazioni ai microfoni di Dribbling,dove ha parlato anche delle affermazioni di Orsato di qualche settimana fa.
“Credo che i tempi siano maturi per evitare le polemiche. Il nostro obiettivo è aprire canali di comunicazione, ma bisogna essere in due, con grandissimo rispetto e grandissima attenzione. Le parole sono dei macigni, bisogna cercare ciò che unisce, non ciò che divide. Noi pensiamo che ci sia un pregiudizio nei confronti dell’arbitro, se l’arbitro si fa conoscere come persona possiamo mettere da parte una serie di pregiudizi. E questo ci permette di parlare la stessa lingua in modo semplice e rispettoso .Dopo l’esperimento Orsato, nato in buona fede, abbiamo visto che gli arbitri sono più bravi ad arbitrare che a comunicare. Penso ci sia bisogno di una formazione in questo senso, ci siamo presi un attimo di ripensamento. Si cresce per didattica e per confronto. Ci credo fermamente, ma bisogna essere preparati. Ci sarà un confronto, ma io penso che con persone di buona volontà si possa fare senza aspettare tempi biblici È un po’ un luogo comune, almeno quest’anno. Forse l’anno scorso qualcosa di diverso c’è stato, oggi siamo più in asse con un sistema come quello della UEFA e della FIFA, anche se la UEFA è il nostro riferimento diretto perché le nostre squadre giocano questi tornei. È importante andare a regime per non fare danni. Attualmente siamo in linea, forse in Inghilterra c’è qualche differenza. La VAR è stata una grandissima scoperta, non si torna indietro: l’arbitro, quando è in campo, è convinto di non sbagliare. Se chiedete a un arbitro durante la partita, lui è convinto di non sbagliare. Poi davanti alla TV vede delle cose che probabilmente lui non aveva visto, perché servirebbe una telecamera sulla testa ed è umano, e la VAR gli cambia la vita. Il primo a stare male, se ha deciso il risultato di una partita con una decisione, è l’arbitro. Lui è lì per compiere un gesto di giustizia e dare a tutti la possibilità di giocarsela alla pari. Se fischia correttamente, è un gesto di pace. È un valore universale, di tipo culturale: l’arbitro non lo immaginiamo come strumento di pace, ma come luogo comune che ci viene a rovinare la domenica. Il VAR è di aiuto a cambiare questa prospettiva”.