Lilian Thuram, ex difensore della Juventus, ha rilasciato delle dichiarazioni a La Stampa, parlando del tema razzismo. Ecco le sue parole: “Non è una cosa che succeda così, mi sono confrontato con il razzismo fin da piccolo e ho sempre provato a capire il perché. Da calciatore poi è stato chiaro che era importante dire le cose perché potevo arrivare a più persone. Ho imparato da grandi atleti americani come Muhammad Ali che hanno preso posizione e ho capito che non potevo stare zitto, dovevo continuare la lotta per l’uguaglianza”.
Sugli episodi accaduti in campo: “La maggior parte, bianchi o non bianchi, mi ascoltava ma poi non faceva nulla. Una volta dopo un Parma-Milan con certi cori razzisti gli altri giocatori e i dirigenti mi hanno detto “dai Lilian, lascia stare”. Dire a un nero che subisce razzismo che non è grave vuol dire che per gli altri non è un problema perché non è un loro problema. Per i bianchi è molto difficile mettersi nella pelle di una persona nera, per questo è difficile lottare contro il razzismo”.
Sul futuro: “Per rimanere al mondo del calcio, nel rifiuto di molti giocatori di mettersi in ginocchio per denunciare la violenza contro le persone nere da parte della polizia negli Usa e in altre parti del mondo. Singoli giocatori lo hanno fatto, ma ci vogliono le squadre, le federazioni, e la maggior parte dei Paesi non ha fatto nulla. Perché?”.