Stacchini ricorda Boniperti: "Capitano nato e juventino vero. Un esempio per me" - JuveNews.eu

Stacchini ricorda Boniperti: “Capitano nato e juventino vero. Un esempio per me”

Le parole dell'ex compagno di squadre

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Gino Stacchini, attaccante della Juventus tra gli anni ’50 e gli anni ’60, è stato intervistato dai microfoni di Tuttosport. A loro ha raccontato il proprio rapporto con Giampiero Boniperti, leggenda bianconera venuta a mancare negli scorsi giorni a causa di problemi cardiaci all’età di 92 anni:

“Si faceva sentire, eccome, negli spogliatoi e in campo. Aveva doti di comando notevoli, era un capitano nato, juventino dalla testa ai piedi, non ci sarà più nessuno come lui. Tutto quello che faceva non era per se stesso, per un tornaconto personale, ma in nome della Juve. Come mi accolse? In quegli anni si viaggiava tanto in treno e i calciatori affermati avevano tutti un ragazzino della rosa che gli portava la valigia personale. Per noi era un privilegio. Ricordo il mio primo derby, nel marzo del 1958. Faccio un passaggio sbagliato e Boniperti alza le braccia al cielo, come a imprecare per il mio errore, e il pubblico inizia a fischiare. Il secondo e il terzo cross sono invece al bacio, ma lui lascia passare la palla e alza sempre le braccia al cielo, così i tifosi fischiano ancora più forte.

Allora io mi avvicino a Boniperti e gli dico: ‘La prossima volta che alzi ancora le braccia e mi fai fischiare dal pubblico ti salto sul groppone’. Lui mi risponde: ‘Così ti voglio, adesso sei da Juve, ti sei conquistato questa maglia…’. Ha voluto mettermi alla prova per vedere se avessi la giusta personalità, la grinta, la determinazione, tutte qualità che lui cercava nei giocatori e che erano indispensabili per poter giocare nella Juve. Boniperti era molto educativo per i giovani come me. Io mi lamentavo perché arrivavo dalla Primavera e non avevo tanto spazio in prima squadra: altri ragazzi erano stati mandati in prestito e guadagnavano molto più di me che, allora, prendevo diecimila lire. Neppure il passaggio tra i grandi aveva aumentato il mio stipendio e allora chiesi di essere ceduto anch’io, invece lui mi ripeteva che avrei dovuto crescere lì e meritarmi la Juve dal di dentro, come del resto è avvenuto”.

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