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Nell’ultimo turno di campionato la Juve è risucita ad accorciare ulteriormente sulla zona Champions, portandosi ora a solo 4 lunghezze dal quarto posto occupato dall’Atalanta, scivolata ieri sera sul campo del Genoa non essendo riuscita ad andare oltre lo 0-0. Ma se fino a un mese fa i problemi principali del club bianconero riguardavano esclusivamente gli scarsi risultati ottenuti sul campo, ora a fare rumore sono invece le varie situazioni di mercato che vedono coinvolti alcuni big bianconeri. I nomi piu caldi sono quelli di Dybala e de Ligt, con il primo che non riesce ancora a trovare un’intesa di massima per il rinnovo del contratto e con l’olandese che, dopo le dichiarazioni rilasciate dal suo procuratore Mino Raiola sembra essere sempre piu lontano da Torino. Ad analizzare questa situazione è stato anche il noto giornalista Mario Sconcerti, il quale ha rilasciato delle dichiarazioni ai microfoni di Calciomercato.com, dove ha commentato le parole rilasciate ieri sera dall’ad bianconero Arrivabene.
SUI RINNOVI DI DYBALA E DE LIGT – “ Ci sono giocatori che sono più attaccati ai loro procuratori che alla maglia”. Non è una dichiarazione elegante, porta l’azienda pubblicamente dentro una trattativa privata. Ma c’è di più, è ingenua, perché è ovvia. I giocatori sono più attaccati ai loro procuratori perché i procuratori trattano i loro soldi. Tolga solo qualche migliaio di euro a qualunque giocatore invece che aumentarglielo e scoprirà una moria di affetto a qualunque maglia”.
ATTACCAMENTO ALLA MAGLIA – “I calciatori sono abituati da vent’anni da aumenti costanti, irreali, non capiranno mai che è venuto il tempo di risparmiare anche su di loro. Non è poi nemmeno vero che le società di calcio sono aziende come le altre. Il calcio è una gara, non serve essere grandi aziende se non si arriva prima. La sua l’ha dimostrato per esempio licenziando allenatori colpevoli di essere arrivati primi soltanto in Italia. Infine un piccolo consiglio: non conti mai sull’amore dei calciatori per la maglia. Sono casi rarissimi, di altri tempi. I giocatori oggi non sono più per legge di nessuna maglia. Appartengono solo a sé stessi e, appunto, a chi gli fa crescere lo stipendio”.