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Mario Sconcerti, giornalista, ha commentato su Il Corriere della Sera il momento nero del calcio italiano, con cinque squadre eliminate su sette. In Champions Milan e Atalanta sono uscite ai gironi, mentre l’Inter e la Juventus sono state eliminate agli ottavi rispettivamente da Liverpool e Villarreal. In Europa League Lazio e Napoli hanno terminato il loro percorso ai sedicesimi, invece Atalanta e Roma sono le due uniche superstiti. Ecco le sue parole: “Uno dei misteri più profondi del tempo è cosa sia successo al calcio italiano. Non c’è in realtà una spiegazione comune convincente. Punto primo: la diversità del calcio italiano è sempre stata essere un ponte tra il grande football sudamericano e quello nord europeo. C’era infatti un calcio all’italiana, nato nelle strade di periferia, in spazi stretti, dove per muoversi serviva gestire il pallone. Oggi il grande calcio è mescolanza, l’insieme dei migliori di qualunque razza.”
Sulla decadenza: “Questo porta a un altro problema, la nostra nuova povertà. Non possiamo più permetterci i migliori né abbiamo la possibilità di scegliere per primi. Resta un problema molto italiano: perché non siamo più produttori di buon calcio? Perché non nascono più campioni? Dove si fermano? Come prima causa, abbiamo perso la nostra identità. Ci siamo vergognati di un calcio all’italiana. I giocatori sono addestrati non a fare gioco, ma passaggi sul compagno più sicuro, fino a tornare dal portiere.”
Sulle idee: “Amiamo la ricerca di un pertugio tra venti uomini per provare ad arrivare in porta. Abbiamo trovato il banale e l’abbiamo chiamato progresso. Conclusione: noi non siamo né i più fisici né i più tecnici. Viviamo di idee tattiche che riportano spesso idee di maestri già vecchie di anni. In sintesi, non sappiamo cosa cerchiamo perché non sappiamo più cosa siamo. Il calcio è semplice come un’idea semplice. Ma un’idea nostra bisogna pur averla.”