Arrigo Sacchi, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha criticato la regola vigente in Italia per cui, per ottenere il patentino da allenatore di Prima Categoria Uefa Pro, è necessario aver giocato un certo numero di partite in Serie A, B o in Nazionale. Le parole dell’ex tecnico del Milan: “Questa è una situazione ridicola, oltre che ingiusta. Non capisco: per essere un bravo fantino devo essere stato un cavallo? Qual è il criterio? Io ho fatto onore al calcio italiano, eppure non ho mai giocato oltre la Quarta Serie. In questo sistema sento lo sgradevole puzzo delle consorterie e del clientelismo, che sono cose tipicamente italiane”.
La soluzione: “C’è un solo modo: liberalizzare. Il nostro calcio ha bisogno di rinnovarsi per poter generare interesse e per questo servono le idee. Siamo certi che un medico, un ragioniere o un idraulico, dopo un adeguato corso di formazione, al quale deve seguire un esame serio in cui si può anche essere bocciati, non come oggi che vengono tutti promossi, non possano portare al calcio nuove idee? Si deve svecchiare l’ambiente, aprire le porte e le finestre, far entrare aria fresca. Altrimenti rimarremo sempre prigionieri del passato e dei soliti luoghi comuni“.
Il nostro calcio perde appeal: “Direi proprio di sì. Quando un bambino mi ferma per strada e mi chiede l’autografo e una foto, io gli domando sempre: “E tu giochi?”. Prima mi rispondevano tutti di sì. Oggi invece sempre più spesso mi dicono: “Eh no, non gioco a calcio…”. Giocano a tennis, a pallavolo, scherma. Si indirizzano verso altri sport e noi abbiamo il dovere di bloccare questa emorragia“.
Davide Ancelotti, per questi motivi, non è stato ammesso a Coverciano: “Lui non ha mai giocato in A e nemmeno in B, ma è da diversi anni che fa il secondo di suo padre e mi pare che abbia dato un contributo non da poco ai trionfi del Real Madrid: basta leggere che cosa dicono di lui i calciatori. Per avere il patentino di Uefa Pro è dovuto andare in Scozia. Vi sembra normale? Ma dove pensiamo di arrivare se continuiamo a mettere delle barriere? Ci sono gli esempi del sottoscritto, di Zaccheroni, di Zeman, di Mourinho, di Eriksson, di Klopp: non mi risulta che siano stati giocatori di alto livello, però sono grandi allenatori”.
I motivi: “L’Italia, in tutti i settori, è un Paese che non premia il merito e dove è impossibile fare squadra. Il calcio potrebbe essere d’esempio ad altri settori, ma servono forze nuove. Basta invidie e gelosie. In questo periodo storico servono sentimenti nobili che si traducono poi anche in un diverso modo di stare in campo. Perché dopo un gol devo sempre vedere le squadre italiane che si chiudono in difesa? Attacchiamo, mostriamo coraggio e facciamolo anche liberalizzando la professione di allenatore: ne verrebbero solo cose buone”.
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