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L’ex allenatore Arrigo Sacchi ha parlato intervistato dai microfoni de La Gazzetta dello Sport, ai quali ha detto la sua sulla sconfitta dell’Italia contro la Macedonia del Nord, che ha sancito l’eliminazione dal prossimo Mondiale in programma in Qatar degli Azzurri: “Stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato, parliamo tanto, ma con le parole non si risolvono i problemi. Serve una visione più ampia della questione. Prima era colpa del commissario tecnico Ventura, quando abbiamo fallito la qualificazione al Mondiale del 2018, adesso sarà colpa di Mancini: ma se continuiamo a ragionare in questo modo non arriveremo da nessuna parte”.
“Quello che è successo a Palermo contro la Macedonia sono dodici anni che succede con le squadre di club. È dal 2010 che non vinciamo nulla in Europa, dopo la Champions League dell’Inter di Mourinho. La Nazionale all’Europeo è stata una meravigliosa eccezione cui tutti dobbiamo essere grati perché ci ha regalato un trofeo conquistato con merito e bel gioco. Ma è stata un’eccezione, appunto, e non certo una regola. Continuiamo a comprare stranieri per i nostri club, e anche i settori giovanili sono pieni di ragazzi che vengono dall’estero, forse è questo il problema”.
“Il presidente Gravina è un uomo competente, dovrà analizzare la situazione con freddezza e non farsi prendere dall’emozione del momento. Spero che non intenda risolvere tutto mandando via il commissario tecnico. Il guaio è più grave, molto più grave. Il calcio italiano soffre di arretratezza culturale, non ci sono idee nuove. Le altre nazioni si evolvono e noi siamo rimasti a sessant’anni fa. Lo dico chiaramente: i meno colpevoli di questa situazione sono i giocatori e l’allenatore. Qui il problema è “istituzionale“. I settori giovanili sono pieni di stranieri comprati come fossero stock di frutta e verdura, le società sono piene di debiti, le squadre non vincono nulla fuori dall’Italia e nessuno alza la voce per dire qualcosa. All’estero corrono, costruiscono centri federali, si dà supporto alla crescita dei giovani. Noi no”.