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Pellissier: “La lotta Scudetto è molto bella e incerta”

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VERONA, ITALY – APRIL 07: Alberto Paloschi (R) of AC Chievo Verona celebrates with his team-mate Sergio Pellissier after scoring their third goal during the Serie A match between AC Chievo Verona and Catania Calcio at Stadio Marc’Antonio Bentegodi on April 7, 2012 in Verona, Italy. (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Sergio Pellissier è intervenuto a “1 Football Club“, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio. L’ex attaccante e capitano del Chievo Verona ora è presidente della Clivense. La squadra è vicina alla promozione in seconda categoria: “Abbiamo fatto bene, i ragazzi si impegnano. Non conta tanto la categoria, ma l’obiettivo è fare bene e mi auguro comunque di centrare questo obiettivo importante“. Pellissier poi ha parlato dell’aspetto mentale nel calcio: “È una parte fondamentale. Io ne posso essere un esempio: non credo di essere stato un fulmine di guerra, non ero un fenomeno, però nel mio piccolo avevo determinazione e voglia, che a volte superava quella di chi era più forte. Senza mollare mai, mi sono tolto tante soddisfazioni. Più gli altri mi ritenevano vecchio, più avevo voglia di dimostrare quanto volevo, chiudendo la carriera quando volevo“.

Inevitabile un parere su questa avvincente lotta Scudetto: “È molto bella finalmente non c’è solo una squadra che vince. Questa Serie A lascia la suspense fino all’ultimo. È difficile capire chi vincerà il titolo, perché anche le piccole possono fare punti e questo è bello“.
Sul livello del campionato: “Non è mediocre. Si è livellato perché le grandi non sono più quelle di una volta. E questo si vede anche dai giocatori. Non voglio fare nomi, ma se si prende qualsiasi squadra attuale e la si paragona a una di 10 o 15 anni fa c’è un abisso tra i giocatori. Una volta c’erano quelli che avevano fatto la storia. I tempi sono cambiati, ora un po’ tutti possono arrivare in Serie A. Molti anni fa se non eri forte non giocavi“.

Una riflessione dura, da chi ha vissuto il nostro campionato negli anni delle sette sorelle: “In quegli anni bisognava assolutamente conquistarsi il posto. Più eri giovane e più rischiavi di non giocare. Ora la situazione è cambiata, i giovani giocano e i “vecchi” meno. In questo momento rischi anche di bruciare alcuni giovani, che magari non sono in grado e rischiano di perdere il treno. Io ho fatto la gavetta e ho imparato dalle batoste prese dai più esperti. Quando sono arrivato non ero ancora pronto ma volevo imparare“.

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