Intervistato ai microfoni di The Atletic, Weston Mckennie ha parlato del suo percorso per riprendersi i gradi da titolare nella scorsa stagione alla Juventus. Ecco le sue parole: “Quando devo dimostrare ancora una volta il mio valore ne traggo beneficio, perché questo mi rende ancora più onesto con me stesso in termini di impegno e concentrazione. Qualcosa scatta. È come una ricetta. Conosco gli ingredienti per realizzarla e poi… ‘boom’. So che il sapore sarà buono. Dopo il rientro a Torino, sapevo che sarebbe stato impegnativo, non pensavo così tanto però: non avevo il mio armadietto, non avevo una stanza in albergo, non avevo un parcheggio. Mi sono cambiato negli spogliatoi con i ragazzi dell’Accademia, anche quando nello spogliatoio principale c’erano giocatori che non avevano mai giocato una partita con la Juventus perché erano sempre stati in prestito. E pensavo tra me e me: “Wow, sono stato via solo sei mesi. Torno e vengo trattato così. Non potevo nemmeno avere il mio numero di maglia (14), anche se nessun altro lo aveva preso. Mi sono detto: ‘Ok, volete trattarmi così? Vi dimostrerò tutto sul campo”.
La svolta in tournée di Mckennie
Mckennie ha proseguito: “Non sono una persona problematica. Non mi piace creare problemi e le situazioni scomode. Non mi piacciono i drammi. Cerco solo di lasciare che il mio calcio, le mie azioni e la mia etica del lavoro mostrino tutto di me. Dopo la tournée estiva Allegri mi ha ripreso in considerazione. Mi ha messo in castigo… quello che mi riesce meglio e che sono più onesto quando abbasso la testa e lavoro. È in quelle circostanze che ho avuto i miei maggiori successi. Ho lasciato lo Schalke e sono andato alla Juventus e nessuno mi conosceva. Tutti dubitavano di me. ‘È un club troppo grande, non giocherai mai’ dicevano. Ma guardatemi ora. Ho più di 100 partite con i bianconeri. Mi sento bene quando sono con le spalle al muro e tutti dubitano di me. È così che sono diventato il giocatore che sono”.