Intervistata per TJ, Nicoletta Romanazzi ha parlato del portiere della Juventus, Mattia Perin e del suo rapporto di lavoro con lui in vece di mental coach. Ecco le sue parole: “La nostra collaborazione nasce oramai sei o sette anni fa, nemmeno mi ricordo più, lui mi chiamò e mi disse che stava già lavorando dal punto di vista fisico con tutte le figure che servivano e ne mancava una a livello mentale. Quindi voleva cominciare a farlo, tra le varie cose aveva subito diverse operazioni ed era demotivato da questo. Ci sono stati momenti, addirittura, in cui aveva pensato di voler smettere, ma poi abbiamo cominciato a lavorare insieme”.
Romanazzi: “Perin era troppo orientato ai risultati”
La mental coach ha proseguito: “Il lavoro del mental coach è proprio quello di aiutare le persone a prendere maggior consapevolezza di se e dei loro meccanismi. Lui era troppo orientato al raggiungimento dei risultati e questa cosa non lo metteva in contatto con il corpo, aumentava la pressione su di se e rimuginava sugli errori per settimane non riuscendo, dunque, a gestirli bene. Pertanto, il nostro obiettivo è stato quello di riportare in equilibrio tutto questo e non abbiamo mai smesso di farlo. Mattia ha cominciato a lavorare su tutte le situazioni che servono di volta in volta, come essere sempre sul pezzo in campo anche quando giocava poco e riuscire ad essere un leader nello spogliatoio
Oggi ha raggiunto un grandissimo equilibrio, non teme più gli errori e li considera come un utile fonte di apprendimento. Ora riesce a concentrarsi con molta più facilità, ha maggior consapevolezza nei propri mezzi ed è proprio l’equilibrio l’aspetto più importante: averlo raggiunto gli ha permesso di non farsi più male, perché paradossalmente rimettere all’interno del suo quotidiano una parte di riposo, di divertimento e di sgarro durante la dieta è stato performante per le sue prestazioni. Quindi i cambiamenti sono stati davvero tanti, non solo uno specifico”.