Intervistato da La Gazzetta dello Sport l’ex Juve Pepe ha ricordato la vittoria del primo scudetto bianconero dell’era Andrea Agnelli: “Ho un’immagine nitida di me, a 34 minuti dalla fine, in vantaggio sul Cagliari. Storari mi si avvicina e dice “A Milano è quasi finita e l’Inter vince”. E lì ho realizzato che stavamo per prenderci uno scudetto che nessuno in estate ci aveva pronosticato. Nessuno credeva in quella Juve, se non noi stessi. In quell’attimo con Storari provai una gioia forte, indescrivibile, che ancora mi porto dentro. E si, vedo qualche analogia con quest’anno, la stessa determinazione“.
Sul segreto di quella Juve: “Tutto nacque con la preparazione estiva. Andammo in tournee in America e mi ricordo allenamenti durissimi negli Usa a 40 gradi con 90% di umidità. Correvamo in mutande, calzini e scarpe. Conte ci spiegò la Juve con la cultura del lavoro. Ci illustrò il concetto base della casa: “Chi c’era prima di noi non ha vinto, chi verrà dopo di noi vincerà, quindi adesso dobbiamo vincere noi”. E quell’anno lì dovevamo vincere perché non succedeva da tempo. E’ stato lo scudetto della resurrezione e della rivincita, due volte bello. Conte mi ha cambiato mentalità e fisicità. Ero sempre stato uno che correva tanto, però male. Mi ha insegnato a correre con qualità“.
Chiosa finale sull’importanza di Pepe all’interno dello spogliatoio: “Buffon e Barzagli dicevano sempre che ero simpatico”.