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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l’ex bianconero Massimo Mauro ha parlato della prestazione della Juventus contro l’Empoli: «Vlahovic mi ha stupito perché è riuscito a trasportare esattamente tutto quello che aveva a Firenze alla Juventus: non ha sofferto per nulla il cambio: di città di squadra, di compagni, di filosofia. Puoi giocare in contropiede o tutti nella metà campo avversaria, questo fa gol comunque. Da queste prime gare con la Juve è uno speciale. Fanno bene gli altri ad adeguarsi a lui, non è lui che deve adeguarsi: è uno che trascina. Dopo il terzo gol c’era Morata che lo inseguiva per abbracciarlo e per ottenere il giusto riconoscimento per averlo mandato in porta. Ma lui niente, era solo concentrato sull’aver segnato: in questo si vede la vera cattiveria di chi vive per il gol».
«È giusto essere tornati al dna juventino – ha continuato Mauro, dopo due anni di tentativi di cambiarlo. Il che significa, a volte, difesa bassa e contropiede: è un calcio bello anche questo. Permette di avere campo da correre: se c’è gente che il campo se lo prende, come hanno fatto Rabiot e Cuadrado, funziona. E poi ho rivisto un’altra cosa della Juve antica: da come è iniziata la partita, da come ha preso forma, si è capito che la Juve difficilmente l’avrebbe persa. E quindi aveva molte probabilità di vincerla».
Chiosa finale sullo Scudetto: «Piano piano rosicchiano. E lo fanno con nove infortunati: a Empoli Allegri ha fatto un miracolo, con i pochi che aveva a disposizione. Ho visto capacità di soffrire e bellezza nei voli in contropiede, ma anche nell’azione geometricamente perfetta del primo gol, disegnata, rifinita e conclusa alla grande. Infortuni? Solo una grande sfortuna. Se fossero dieci strappi, allora si potrebbe dire che c’è un problema, ma così, con distorsioni o con infortuni come quello di McKennie…».