di Flavio Zane
La carriera alla Juventus di Federico Chiesa e quella di Dusan Vlahovic si può dire molto simile almeno fino all’ultimo stralcio di storia, ovvero il presente. Entrambi sono giunto in bianconero dalla Fiorentina (Chiesa il 1 luglio 2022, Vlahovic il 28 gennaio dello stesso anno) separati da un intervallo di tempo l’uno dall’altro di pochi mesi. Per entrambi, la Juve ha investito cifre da capogiro (65 milioni il primo, 70 il secondo). Infine, per entrambi l’adattamento alla nuova realtà, complicata da qualche (grave) infortunio di troppo, ha stentato ad avvenire. Come detto, le similitudini terminano però qui. Perché se la punta serba pare finalmente aver ripreso a macinare gol come ai tempi in viola, il talento dell’attaccante italiano si continuerebbe ad accendere solo a sprazzi.
Il flagello di Chiesa
Se la pubalgia ha tormentato Vlahovic per moltissimo tempo, la rottura del crociato anteriore del ginocchio ha fatto peggio. L’infortunio subito da Chiesa il 10 gennaio 2022, sebbene ufficialmente recuperato dopo 9 mesi di supplizio, ha apparentemente lasciato degli strascichi indelebili. Da quel momento, nell’arco di un anno e mezzo, l’attaccante della Juventus si è dovuto fermare altre 12 volte. Questo solo nell’arco di poco più di un anno e mezzo. La quasi totalità delle volte, per problemi di natura muscolare evidentemente legati ai postumi di un recupero. Lo stesso che tarderebbe ad arrivare per un giocatore che delle capacità esplosive e della velocità ha fatto le sue doti maggiori. Non sorprenderebbe che, di fronte a tanti stop forzati e ripetuti, l’equilibrio psichico del giocatore sia essere stato messo a dura prova.
Tre mesi di fuoco per riprendersi la Juventus
A complicare la vita a un giocatore con le premesse sopracitate, si aggiunge poi lo stile di gioco della Juventus di Massimiliano Allegri. Il 3-5-2, con Chiesa ad affiancare la prima punta, non favorirebbe le sue caratteristiche da esterno d’attacco. Specialmente in un momento comprensibilmente non brillante della sua carriera. Eppure, il giocatore è chiamato per diverse ragioni a dare segnali importanti in ciò che rimane della stagione in essere. Perché a 26 anni, Chiesa si trova probabilmente nell’inizio della cosiddetta fase matura per un calciatore. Quella per il quale un campione, o presunto tale, sarebbe chiamato a fare la differenza. Perché inoltre, di fronte a un contratto in scadenza il 30 giugno 2025 e una Juventus che non fa mistero di riservare una particolare attenzione al bilancio, nessuna delle parti può permettersi a lungo questo tenore di prestazioni. Ecco perché, gli ultimi mesi di stagione della Juve saranno tutt’altro che banali per Federico Chiesa. Con gli obiettivi attenuati di una Juve ormai lontana dal primo posto ad appannaggio di un Inter schiacciasassi e con la qualificazione in Champions apparentemente a portata di mano, l’ex Fiorentina è chiamato a trovare quella continuità e di conseguenza quella brillantezza ammirata in viola e solo di tanto in tanto in bianconero.