Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Giorgio Chiellini ha parlato del suo addio alla Juve e alla Nazionale: «Quando ho saputo di Italia-Argentina a Wembley ho pensato che fosse un regalo del destino. Un’ultima opportunità, la passerella finale contro Messi, che è uno dei più forti della storia del calcio. Sono pronto a godermi questa partita e dopo Juve-Inter è il mio unico pensiero, perché voglio farla ad alto livello. Wembley è un posto simbolico, s’affrontano i campioni d’Europa contro quelli del Sudamerica. Senza questa occasione avrei lasciato in Turchia, nella tristezza di Konya, perché la Nations League appartiene al nuovo ciclo».
«Quest’anno ho giocato le gare che avevo messo in conto, una ventina circa, e sono felice di averle fatte al livello che desideravo – ha continuato Giorgio. Penso che sia il momento giusto, perché il crollo arriva in un attimo e sia la Juve sia la Nazionale hanno bisogno che qualcuno riempia il vuoto lasciato da me: servirà a far fare il salto di qualità ai giocatori più giovani». Bastoni è l’erede azzurro? «Alessandro è mancino come me e sta diventando sempre più forte a livello internazionale, deve solo avere il tempo di maturare e imparare dai suoi errori, come ho fatto anche io. I frutti del lavoro fatto nei settori giovanili negli ultimi 10 anni si vedono: i difensori a livello tecnico hanno una base altissima, però non bisogna perdere le caratteristiche che ci hanno sempre distinto, come la capacità di marcare».
Ora Bonucci diventerà capitano dell’Italia e della Juve: «Leo vive ora quello che ho passato io con Gigi: la gioia di raggiungere il traguardo sognato ma anche la consapevolezza che gli mancherà un sostegno. Io, Buffon, Bonucci e Barzagli siamo tutti diversissimi, ma il pregio di ognuno è stato amare i difetti degli altri, accettarli e mascherarli. Siamo stati bravi a completarci, ognuno di noi ha beneficiato della presenza altrui in campo e fuori. Senza gli altri accanto siamo stati meno forti». E ora, quale sarà il suo futuro? «Dalla Juve ho avuto tanto e ho dato anche tanto. Mi piacerebbe fare un’esperienza più leggera, anche di vita, per staccare la spina e tornare più carico. Fare il dirigente è molto impegnativo, bisogna prepararsi e studiare. Torino ormai è casa per la mia famiglia, torneremo sicuramente a vivere qui».
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