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Questa sera l’Italia di Roberto Mancini affronterà l’Irlanda del Nord in un match di fondamentale importanza. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, la leggenda nordirlandese Pat Jennings ha rivelato: “I calciatori nordirlandesi danno sempre il 100%. L’atmosfera caricherà la nostra nazionale e fare bella figura contro i campioni d’Europa sarà una molla formidabile. Agli Europei l’Italia ha meritato la vittoria, è stata la squadra migliore. Ha avuto la forza morale, nella finale di Wembley, di tornare in partita con il pareggio e poi di vincerla, in uno stadio che sosteneva l’Inghilterra. Gli azzurri hanno giocatori importanti: Jorginho, Verratti, Chiesa“. Poi su Donnarumma, l’ex portiere ha aggiunto: “Un gigante, non solo nel fisico. Gli Europei sono stati la sua vetrina. Parare due rigori in una finale non è da tutti”.
Questa sera gli Azzurri dovranno essere molto bravi in attacco: “Jonny Evans ha esperienza ed è forte di testa: un ottimo centrale. Craig Cathcart gioca in Premier nel Watford. McNair è cresciuto nell’accademia del Manchester United. Dietro siamo solidi – ha detto Jennings. Si è esaurito il ciclo del gruppo che partecipò nel 2016 all’Europeo in Francia e si sta avviando un processo di ringiovanimento. In questa nazionale non sono presenti calciatori del nostro campionato, ma abbiamo un gruppo di Under 18 e Under 17 sparsi nelle accademie della Premier inglese. Questi ragazzi stanno crescendo in club con settori giovanili di alto livello ed è di ottimo auspicio”.
Chiosa finale su Dale Taylor, giovane promessa 17enne del calcio nordirlandese: “È il nome in vetrina in questi giorni. Speriamo che possa rispettare tutte le promesse”. Quando si parla di talenti e di Irlanda del Nord, non si può che parlare di Best: “George è stato immenso, il miglior britannico della storia. Il mio rammarico è che non riuscì a partecipare al Mondiale del 1982. Le nostre carriere in nazionale viaggiarono in parallelo, almeno agli inizi. Debuttammo insieme, a Swansea, contro il Galles. Vincemmo 3-2. Ricordo bene la data: 15 aprile 1964. Io 18 anni, lui 17. Non ci conoscevamo, ma dopo il primo allenamento mi resi conto che George era un fenomeno, il più forte in assoluto con il quale mi sia capitato di giocare in 23 anni da professionista”.