Ai margini della riunione del Consiglio Federale, il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha parlato della situazione legata alla vendita dei diritti tv. Gravina ha evidenziato le difficoltà di ricevere un offerta congrua per il prossimo quinquennio, aspetto delicato che coinvolge la Juventus e tutte le squadre di Serie A. Ecco cosa ha detto: “È chiaro che l’offerta debba essere direttamente proporzionale anche alla qualità del prodotto che viene messo sul mercato. Tutti pensavamo, forse ci eravamo un po’ illusi, che i risultati delle squadre italiane avrebbero dato un appeal. Ma la domanda che ci dobbiamo porre sul made in Italy, che l’Italia ha perché ha una forza scolpita nella storia, è se sia giusta la qualità del prodotto che noi offriamo. Su questo probabilmente dobbiamo fare una riflessione su un progetto molto più ampio e complesso”.
Sulla questione diritti tv, Gravina ha poi aggiunto: “Noi viviamo all’80% sulle revenue collegate ai diritti. Dove il nostro mondo, quello legato alla Figc e tutte le componenti per caduta, siamo soci di minoranza, in base alla legge Melandri. Un danno alla Lega Serie A è un danno a tutto il sistema calcio. Noi non solo tifiamo ma vogliamo essere protagonisti in questo percorso. Siamo disponibili a discutere con la Lega di A assegnandogli delle Golden share e tutto quello che la Lega ritiene opportuno per migliorare la qualità di questo prodotto”.
Altro tema posto al presidente della FIGC è quello relativo alle offerte che l’Italia e il resto d’Europa stanno fronteggiando dal calciomercato arabo. Lo stesso che recentemente ha proposto un contratto monstre all’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri. Ecco cosa ha detto Gravina in merito: “Il calcio, non essendo escluso dal fenomeno della globalizzazione, è soggetto a tensioni di mercato continue a livello internazionale. Dispiace che si possa seguire solo il flusso di denaro. Si sta perdendo il radicamento al territorio e l’appartenenza ai club. C’è un mercato di soggetti che hanno voglia di veicolare sempre di più gli atleti, sganciandoli da impegni contrattuali a fronte di vantaggi economici. Questo fa saltare gli schemi. Per uno come me che ama la dimensione del mondo diversa da quella economica e che è quella che ci sta dando forza di progettualità in questo periodo. E’ chiaro che questo non è un percorso che condivido, ma purtroppo bisogna tenerne conto”.
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