Paolo Galimberti, giornalista e scrittore, ha rilasciato delle dichiarazioni a Juventusnews24. Ecco le sue parole: “Quest’anno è il decimo anniversario dall’addio di Del Piero alla Juve. Il libro è un commiato commosso, tracimante di affetto e scritto col cuore e il cervello. Il cuore è quello di un adolescente appassionato di sport e di calcio anche grazie alla figura di Del Piero. Il cervello è quello di una persona adulta che ha provato a ritagliare ricordi ed emozioni per poi scriverli neri su bianco e farli rivivere. Il sottotitolo è “l’ultimo atto di un campione infinito” perché quella uscita di scena in Juventus Atalanta con i 17 minuti di giro di campo è stata perfetta, unica nel suo genere. E’ stata diversa da quella delle altre bandiere perché è stata sincera e ha sgocciolato istanti di meraviglia. A 10 anni di distanza è rimasta incisa nella memoria dei tifosi juventini e non solo. Gli stessi cronisti interruppero il racconto della partita per raccontare il giro di campo. E’ stato un evento unico”.
Sul libro: “Ho ripercorso la sua carriera dal punto di vista professionale e umano tra vittorie sfavillanti come la Coppa Campioni, la Coppa Intercontinentale e il Mondiale e anche sonore sconfitte come le finali perse in Coppa Campioni e all’Europeo. E poi gli infortuni, le cadute e le rinascite. Nel libro tratteggio due aspetti di Del Piero: tecnico e umano. Dal punto di vista tecnico è stato un numero 10 moderno capace di coniugare la classe alla caparbietà agonistica, il talento al temperamento, il genio del fantasista alla grinta, la pulizia del gesto tecnico alla potenza atletica. E’ stato un finalizzatore poetico perché le sue reti erano belle e pragmatico al contempo, perché grazie ai suoi gol lui decideva le partite e i campionati.
Non era il classico numero 10 degli anni ’70 e ’80 tutto genio, anarchia, e tocchi di velluto, ma nella sua carriera ha tenuto insieme le due dinamiche dell’attaccante. In questo può essere definito moderno. Dal punto di vista delle qualità umane lui ha mostrato senso di responsabilità verso i tifosi, la squadra e la società, ma anche leadership, carisma e serenità di giudizio. Tutto questo bagaglio di valori gli ha permesso di affrontare i momenti peggiori della sua carriera, dalle critiche della stampa all’infortunio di Udine fino ai declassamenti in panchina. E di risalire la china”.
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