In una lunga intervista rilasciata per Tuttosport, lo storico Giovanni De Luna ha parlato approfonditamente della storia della Juventus. In particolare, il professore dell’Università di Torino ha spiegato l’importanza della famiglia Agnelli per la società e la loro influenza nel calcio. Tra i diversi passaggi, De Luna ha parlato del valore del centenario del club: “Potrebbe essere l’occasione per riorganizzare la narrazione intorno alla Juventus. Creare un mito intorno al quale cementare l’unità del tifo, forse troppo legato al concetto che è importante vincere, ma non può essere così esiziale. Io opterei per tre momenti che, mio parere, segnano la storia e intorno ai quali creare dei miti fondativi”.
Successivamente, lo storico ha dato il suo punto di vista su quello che rappresenta la Juventus per la famiglia Agnelli. Ecco cosa ha detto: “La Juventus è sempre stata un gioco. Un gioco serissimo e appassionantissimo, ma un gioco. Quando ho cercato, per la mostra del 1997 e poi per il mio libro, materiale negli archivi storici della Fiat non ho trovato nulla sulla Juventus, tranne pochissimo materiale fra cui spicca la fotografia di Gianni Agnelli e Palmiro Togliatti alla partita insieme, nel giorno delle elezioni del 1948. Insomma, la Juventus era un’appendice di amore, ma che niente aveva a che fare con il business, tutt’al più poteva essere una scuola per i membri della famiglia, un modo per apprendere il comando. Edoardo introduce nella Juventus i concetti della fabbrica fordista, viene applicato alla Juventus quel rigore salesiano che la contraddistinguerà nel secolo successivo”.
Nell’intervista De Luna ha provato a confrontare l’approccio dei vari membri della famiglia Agnelli saliti alla presidenza della Juventus. Ecco le sue parole: “Gianni non brilla per innovazioni, ma ne ha una che è molto forte. Aprire le frontiere, cercare i giocatori in tutto il mondo, ha un senso della globalizzazione molto prima che si parli di globalizzazione. Andrea certamente è stato bruciato dall’esperienza della Superlega, che tuttavia era un progetto lucido, perché il calcio va esattamente in quella direzione, sempre di più si separeranno le categorie del calcio e ci sarà una divaricazione con una Superlega, o come la vogliono chiamare, da una parte e il resto dall’altra. Andrea lo aveva capito da prima, ma quel progetto ha sbagliato i tempi e i modi, tatticamente è stato un disastro, ma non gli si può riconoscere la lucidità e la logicità del progetto. Così come l’epopea dei nove scudetti”.
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