“In Italia due squadre dominano in assoluto – ha continuato Sartori –, Genoa e Udinese: nei 9 anni esaminati il peso delle plusvalenze sui loro ricavi operativi è stato in media del 69%. Diversi club vivono sul trading e non c’è nulla di male in questo, posto che le transazione debbano avvenire a un valore di mercato congruo. È vero che le tre voci caratteristiche dei ricavi di un club sono stadio, diritti tv e commerciale. Ma crescere, comprare e vendere talenti è un’attività importantissima per una società. Di per sé non è un male cercare di fare profitti dalla gestione del parco calciatori, siano essi cresciuti in casa o scovati in mercati esotici, come fatto negli anni passati dall’Udinese o dalle squadre portoghesi”.
Poi sulla Juve ha aggiunto: “Il peso medio delle plusvalenze sui ricavi operativi bianconeri negli ultimi 9 anni è stato del 21%, un dato non così anomalo se guardiamo al 33% della Roma e al 30% del Napoli. Certo, i bianconeri hanno avuto una crescita formidabile negli ultimi anni, con picchi superiori al 30%. Per cercare di avvicinarsi a competitor che fatturavano 200, 300 milioni in più, i bianconeri hanno usato il trading in modo da creare un certo livello di profittabilità. Le plusvalenze creano però un circolo vizioso. Realizzi un guadagno una tantum nell’immediato ma ti impegni in costi pluriennali, soprattutto nel caso degli scambi con scarso o nullo cash. Il caso Pjanic-Arthur è esemplare. La Juventus ha realizzato una grande plusvalenza vendendo il bosniaco ma si è portata in casa un contratto pesante come quello del brasiliano, con relativo salario e ammortamento. C’è da dire che la Juventus ha già ridotto l’attività del trading: nel 2020-21 le plusvalenze hanno rappresentato solo il 7% dei ricavi operativi“. In tutto questo, attenzione: ora Cherubini fa piazza pulita, manda via 6 giocatori! <<<