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Il portiere della Juventus Gianluigi Buffon, ha parlato con il quotidiano inglese The Guardian, al quale ha concesso una lunga intervista, spaziando dal suo passato al suo presente, guardando anche al futuro: “Nella mia testa c’è un ultimo segnale di stop, un limite massimo, che è giugno 2023. Questo è il massimo, davvero il massimo, Ma potrei anche smettere di giocare tra quattro mesi. Ho imparato che nulla è certo nella vita”.
“Dico la verità. Ad essere onesto per me il primo mese di isolamento è stato davvero bellissimo. All’inizio la pandemia mi ha permesso di avere tempo da dedicare a me stesso. Si tratta di qualcosa che non mi era mai successo in tutta la vita. Mia moglie, i miei figli: potevo stare con loro tutto il giorno. Potermi dedicare ai mie hobby, alla mia lettura, alle mie cose. Per me è stato un periodo bellissimo che non avrei mai pensato di fare, ne ho approfittato appieno e l’ho adorato. Poi, col passare del tempo, naturalmente, diventa pesante. Pensi sempre di più a quello che stanno passando gli altri”.
“La cosa che ti permette davvero di stare bene è una felicità esistenziale. Sentire dentro di te che sei una persona felice per quello che hai fatto, per quello che fai, per quello che stai diventando… Quando leggo un libro o guardo un film e ne prendo qualcosa, mi sento meglio. Sono una persona che non ha davvero bisogno di nulla quando è a casa con sua moglie e i suoi figli. Si parla di tutto e io ho tempo da dedicare all’assunzione di informazioni, vedendo nuove curiosità. Mi sento come una persona che continua a crescere”.
“Il destino? Ci credo fortemente. Quando la Juventus mi ha offerto la possibilità di tornare, ho pensato: “Madonna!’”.Non si sa mai, forse c’è una ragione. Un’ultima grande storia da scrivere e un po’ di ego che tutti noi abbiamo. Pirlo allenatore? La mia amicizia con Pirlo è datata. In pratica io, lui e Gattuso ci conosciamo dal 1993… Quando vinci un Mondiale e si ha questa fortuna, un rapporto si sigilla. Se lo chiamo mister? Di fronte ad altre persone sarà sempre mister. Si tratta di una questione di ruoli, di rispetto, di intelligenza. Quando lasciamo il campo e usciamo insieme, allora possiamo essere Gigi e Andrea.”
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