Alessandro Birindelli ha parlato in una lunga intervista a Tuttosport. Questo il ricordo dell’ex difensore della Juventus del celebre 5 maggio 2002: “Onestamente contro l’Udinese ci credevamo tutti, dal primo all’ultimo componente della rosa. C’era un clima speciale, differente, si respirava l’atmosfera dell’impresa. È stato fondamentale il ruolo di Marcello Lippi nel caricare quella partita: ci continuava a dire, nelle settimane precedenti, che avremmo dovuto lottare fino all’ultimo, senza gettare la spugna. Noi alle volte ci guardavamo e ci dicevamo: “Ma questo è un pazzo”. Non capivamo dove trovasse quella speranza così feroce, come riuscisse a trovare le energie per trasmetterci quella positività. E ha avuto ragione lui: dovevamo fare il nostro percorso, solo così la sorte ci avrebbe ridato quanto perso due anni prima“.
Il ricordo va alla partita con il Perugia, in cui i bianconeri persero lo scudetto: “Nel 2000 perdemmo quello scudetto in una partita surreale: i reduci di quella stagione sapevano che avevano un conto in sospeso con la fortuna, quasi come fosse un assegno da ritirare in banca. Udine è stata la giusta ricompensa anche ai sacrifici che facemmo nel biennio sfortunato di Carlo Ancelotti, nel quale fummo penalizzati ben oltre i nostri demeriti. La ruota gira, ne sono certo: i conti alla fine tornano sempre. Il calcio ti dà ciò che meriti e ti toglie ciò che non meriti. Esattamente come le gare sfortunate o i torti arbitrali: tutto si compensa, prima o poi. Udine è stata la compensazione di Perugia, almeno per tutti coloro che erano presenti quel dannato giorno. Sapevamo che avremmo dovuto riscattare quella giornata e così è stato”.
Grande squadra e grande società: “Quella era una Juventus forte esattamente come altre. Il gruppo aveva un forte senso di appartenenza, niente ci scalfiva: nella prima parte di stagione perdemmo con la Roma in casa e subimmo il pareggio beffa contro il Torino, il famoso 3-3 con il rigore della vittoria sbagliato da Salas. Eppure riuscimmo ad acquisire una consapevolezza dei nostri mezzi che ci ha permesso di andare oltre i passi falsi. Questo per merito anche di una società straordinaria: sapevamo tutti in quale direzione andare, la vittoria era la nostra bussola. Anche se vincere non è mai semplice“.
Sugli addii di Zidane e Inzaghi: “Sapevamo che tipo di giocatori avremmo perso: non sapevamo come la società li avrebbe rimpiazzati, anche perché entrambi erano dei totem per noi. Hanno colto due grandi opportunità, andando al Real Madrid e al Milan, ma furono rimpiazzati in maniera fantastica: non avremmo mai immaginato che sarebbero arrivati rinforzi come Buffon, Thuram e Nedved. In quel momento rappresentavano il meglio del calcio italiano e lo dimostrarono subito, non ci fu assolutamente bisogno di aspettarli“.