Bernardeschi: "Il Dna Juve conta più di tutto. Vlahovic è straordinario..."

Bernardeschi: “Il Dna Juve conta più di tutto. Vlahovic è straordinario…”

Le parole dell'ex bianconero Federico Bernardeschi sul momento della stagione della Juventus e sulla sua esperienza con il Toronto nella MLS

Federico Bernardeschi ha concesso una lunga intervista a Tuttosport. Dal momento della Juventus alla sua carriera in MLS, tanti i temi trattati dall’ex bianconero.

Buongiorno Bernardeschi, dopo un gol dalla bandierina la domanda è d’obbligo: l’ha cercato o è stato un cross a rientrare fortunato?

“L’ho cercato, l’ho cercato! Lo avevamo provato anche in allenamento. Poi per segnare serve anche un pizzico di fortuna e l’ho avuto, ma volevo calciare in porta”.

Un gol, il suo terzo stagionale, servito a sbloccare la partita contro Charlotte che all’intervallo conducevate 2-0. Che è successo per finire 2-2?

“Purtroppo ci sta capitando troppo spesso e non va bene, dobbiamo migliorare. Forse ci rilassiamo troppo quando siamo in vantaggio e alla fine ci disuniamo, quando invece dovremmo controllare la partita, provare a fare il 3-0 e il 4-0 e portare a casa i tre punti. Dobbiamo migliorare”.

La Juve invece non si fa rimontare mai, l’ultima volta contro il Verona, poche ore prima che iniziasse la vostra partita. Che ne pensa del momento bianconero?

“Il Dna Juve è il Dna Juve e questo conta più di ogni altra cosa. Soprattutto quando ci sono delle difficoltà, siamo… sono abituati a reagire e devo fare i complimenti ai miei ex compagni perché non era facile. E non è facile tuttora fare questo tipo di cose in un momento del genere”.

Dopo uno shock iniziale seguito alla penalizzazione, un punto tra Atalanta e Monza, la Juve ha conquistato sette vittorie in otto giornate, perdendo 1-0 a Roma una partita in cui ha colpito tre pali. Ha battuto la Lazio in Coppa Italia ed eliminato Nantes e Friburgo in Europa League. Qual è il segreto di questa reazione a un provvedimento che avrebbe potuto affossare il morale?

“Credo che i ragazzi si siano compattati innanzitutto internamente, si siano parlati, e da lì in poi abbiano cercato di pensare partita dopo partita, senza fare calcoli, cercando di andare in campo pensando solo ai 90 minuti. Prendere tutte le sfide come se fossero dentro o fuori e devo dire che questo aiuta. Quando ti concentri su un solo obiettivo, senza ragionare a lungo termine, mentalmente è più facile andare a cercare di vincere tutte le partite. Questo secondo me è il segreto di ciò che è stato fatto all’interno dello spogliatoio”. 

Quanto è stato importante Allegri in questo processo?

“Fondamentale. Era l’unico appiglio a cui i giocatori si potessero agganciare in quel momento e penso che in questa rimonta ci sia tanto di suo. Max è bravo ad agganciare le emozioni, a tirarle a sé e a far sì che poi la squadra lo segua in tutto ciò che dice e pensa. Credo che il suo apporto sia stato fondamentale”. 

Szczesny dopo la vittoria sul Verona ha detto che anche se la penalizzazione non venisse tolta la Juve potrebbe comunque arrivare in Champions. E’ d’accordo?

“Assolutamente sì. Visto quello che stanno facendo e i pochi punti che li separano dalla quarta in classifica, credo sia un obiettivo assolutamente alla portata”. 

Ora arriva la Coppa Italia. Semifinale contro la squadra che lo scorso anno vi sconfisse in finale e anche in Supercoppa, sempre ai supplementari. Che ricordo ha di quelle sfide?

“Sicuramente non bellissimo, perché abbiamo perso due Coppe. Contro una grande squadra, perché l’Inter era ed è una grande squadra e una grande società. Sarà una grande  partita e sarò ben felice di vederla”. 

Pensa di vedere la Juve prendersi la rivincita?

“E’ una partita difficile. I nerazzurri vengono da un brutto periodo, la Juve è in un grandissimo momento. Però in queste partite non contano momenti belli e momenti brutti, ci sono tante variabili e un episodio può cambiare tutto. Ma penso che alla fine qualcosa di positivo per la Juva possa uscire…”

Dopo la delusione in Champions la Juve ha iniziato l’Europa League con tre vittorie in quattro partite: può vincere la Coppa?

“Assolutamente sì. Credo che la Juve abbia la rosa per essere competitiva in tutte le competizioni: ha tutte le carte per arrivare a vincere e se lo meriterebbe”. 

Lei arrivò alla Juventus dalla Fiorentina a 23 anni, Vlahovic lo ha fatto a 20 e finora in bianconero ha alternato alti e bassi. Quali sono le difficoltà di questo salto?

“Quando fai un passaggio di questo tipo cambia veramente tutto. Passi da una società come la Fiorentina, che è una grande società ma che punta a costruire i propri giocatori per poi fare anche delle valutazioni, a una come la Juve dove quando arrivi devi vincere. Non c’è storia. Vai e vai per vincere. E’ molto delicata la fase in cui arrivi, devi cambiare un po’ mentalità, devi metterti un po’ al servizio. Non è più tutto incentrato su di te, come giocatore e come persona, come poteva essere alla Fiorentina. Questa secondo me è la difficoltà maggiore, ma penso che Dusan innanzitutto si sia integrato benissimo e stia comunque facendo bene. Si possono dire tante cose, ma è un giocatore straordinario. Poi se alla Fiorentina non fai gol per tre o quattro partite passa più inosservato, se lo fai alla Juve se ne parla di più. Ma questo è il processo di crescita che deve avere un giocatore. Quando arrivi alla Juve e non fai gol da tre o quattro partite la pressione e le responsabilità aumentano, ma non è un male. Se il giocatore la prende nel modo giusto è una bella cosa. Perché ti responsabilizza, ti fa aumentare lo status mentale e fisico di giocatore, ti fa stare lì a lavorare di più per riuscire a fare quello che devi. Ed è lì che cresci”. 

Che ne pensa della crescita di Fagioli, Miretti e Soulé?

“E’ molto bello quello che sta succedendo ai giovani. Stanno crescendo a dismisura e questo fa bene a loro e alla Juventus. Stanno facendo un grandissimo campionato e sono felice per loro perché se lo meritano: tanto di cappello per loro e poi per la società”. 

La dote migliore di ognuno dei tre?

“Fagioli? La visione di gioco, la capacità di capire il movimento del compagno. Miretti è molto più dinamico ed istintivo. Soulé ricorda un po’ Dybala da giovane: mancino, con questi sprazzi di fantasia nello stretto con cui riesce a cavarsela. Possono fare tutti e tre una grandissima carriera”.

Come vede Chiesa in questo momento?

“Federico ha bisogno di tempo. Quando si esce da un infortunio così brutto ci vuole tempo, sia a livello fisico che a livello mentale, e gli va concesso. Non è stato un anno facile per lui, ha avuto delle difficoltà ma era normale che fosse così. Lui deve solo stare il più tranquillo possibile, le qualità le ha tutte come le ha sempre avute. Deve continuare a lavorare e stare sereno, piano piano tornerà a fare le sue cose”. 

C’è una partita che rigiocherebbe con la Juve?

“Si. Il quarto di finale di Champions contro l’Ajax del 2019. Perché quell’anno secondo me eravamo la squadra più forte d’Europa. C’è stata una serie di episodi troppo sfortunata che ci ha fatto uscire da una Champions che avremmo potuto vincere. Eravamo veramente forti.”

Qual è il suo sogno nel calcio?

“Giocare un Mondiale. E’ un sogno a lunga scadenza, mancano quattro anni… La nostra generazione per varie vicissitudini non ha ancora potuto giocarne uno. Di sognarlo, di annusarlo, di sentirlo… Tutte queste cose ci mancano. Siamo campioni d’Europa ma tanti di noi non hanno mai giocato un Mondiale e questo da un po’ impressione”.

Qual è la cosa più bella della MLS?

“Mi ha colpito l’entusiasmo nel seguire il calcio. E’ come se fosse uno sport ancora nuovo per loro: come quando vai a scuola per il primo anno, che vuoi andarci sempre, hai voglia di fare. E’ uno sport che ancora non conoscono al 100 per 100, ma si appassionano tanto e questo fa ben sperare per il futuro. E’ un’emozione nuova quella che provano con il calcio: c’è da tanti anni, ma per esempio quando sono arrivato mi hanno detto che da quattro-cinque anni è cambiato a dismisura l’interesse del pubblico. Ma dicevano lo stesso fino a quattro-cinque anni prima: è in continua evoluzione e questo fa ben sperare. Soprattutto anche in vista dei Mondiali. Una passione che poi si innesta su strutture o organizzazioni con un potenziale impressionante, nessuna Lega al mondo ce l’ha. Vai a giocare a New York, Miami, Los Angeles… Fa effetto dire ‘dove vai a giocare oggi? A Miami”. 

Lo sente il campione MLS Chiellini?

“Certo che lo sento, è come se fosse mio fratello maggiore. Sono davvero contento per lui e per il campionato vinto con Los Angeles perché se lo merita. Al di là del calciatore, Giorgio è una persona straordinaria sotto tutti i punti di vista”. 

La cosa più bella di vivere a Toronto?

“Toronto è una città meravigliosa, con mille culture differenti, una libertà mentale, un’apertura mentale… ci sono opportunità per ogni persona e percepisci, anche se sei in Canada, ma è comunque parte del Nord America questo ‘sogno americano’. Vedi le persone che lavorano per crescere, per salire, perché c’è tanta meritocrazia e fa piacere vederlo da fuori”. 

Un calciatore della MLS pronto per una grande in Europa?

“Thiago Almada di Atlanta, un argentino che era anche al Mondiale. Anche se non so se ha giocato (6 minuti contro la Polonia, n.d.r.). Ha 21 anni, è una mezzala offensiva, trequartista”. 

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