Bendtner "Alla Juventus grande etica professionale, anche se si fumava" - JuveNews.eu

Bendtner “Alla Juventus grande etica professionale, anche se si fumava”

Bendtner con la maglia della Juve
L'ex giocatore, tra le altre della Juventus, ha parlato del suo arrivo a Torino e del primo giorno passato alla Continassa con i nuovi compagni

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Nel corso degli ultimi anni molti giocatori sono passati per la Juventus, con Vinovo prima e la Continassa poi, che hanno visto molti calciatori vestire e poi svestire la maglia bianconera. Uno di quelli che ha fatto maggiormente discutere e parlare di sé è il danese Nicklas Bendtner, che tra esperienze in campo e fuori ha fatto tutto ciò che poteva e che la sua carriera gli poteva permettere. Il giocatore, intervistato dai microfono di BBC5, ha parlato dei suoi primi giorni alla Juventus, e di quello che era il modo nello spogliatoio bianconero.

“Non riuscivo a trovare i ragazzi, era tutto un po’ strano, soprattutto perchè era il mio primo giorno. E poi ho trovato dieci o dodici giocatori nei bagni, che prendevano un caffè, chiacchieravano, stavano insieme e fumavano una sigaretta. È stato qualcosa di eccezionale e mi ha fatto pensare che sarebbe stata un’esperienza divertente. C’erano anche Buffon e Pirlo e cosa puoi dire a due così? Se guardi alla loro carriera e a che gran professionisti sono, è stato un qualcosa che mi ha aperto gli occhi. L’etica professionale che dimostravano in campo e il senso di cameratismo che c’era negli spogliatoi era incredibile, quindi nessuno si poneva il problema del fumo”.

Situazione diversa da quello che succede in Inghilterra, soprattutto quando nella stessa situazione fu colpo Mario Balotelli al suo arrivo oltremanica, con il vizio del fumo che l’attaccante italiano si era portato dietro: “È divertente, perchè mi ricordo quando Mario Balotelli è venuto in Inghilterra e tutti quanti parlavano di lui che fumava in bagno. Ed è diventato un caso sui giornali, un calciatore che fuma. Ma in ogni squadra in cui sono stato c’era qualcuno che fumava. Era una cosa molto comune in Italia, molto di più rispetto a quello che succedeva in Inghilterra”.

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