L’ex difensore della Juventus Medhi Benatia ha parlato intervistato dai microfoni de La Gazzetta dello Sport, ai quali ha parlato della Serie A, del suo futuro e della squadra bianconera.
A dicembre ha terminato la sua avventura con il Karagumruk. Di cosa si occupa oggi?
“Ho aperto la mia agenzia a Dubai, ho iniziato a lavorare come procuratore. Per i prossimi giorni, ho in programma alcuni appuntamenti in Europa: Marsiglia, Siviglia, Parigi… Ne approfitterò per vedere un po’ di partite. Già prima di ritirarmi, avevo deciso di intraprendere questo percorso. Durante la mia carriera, tanto nei club quanto in nazionale, mi piaceva dare una mano ai nuovi arrivati, volevo che tutti si sentissero al top. Nella Roma ho fatto da chioccia a Dodò e Romagnoli. Poi alla Juve a Kean, ma anche a Matuidi che era al primo anno in Italia. Vorrei diventare un punto di riferimento per i miei assistiti. Quante volte si sente dire che un ragazzo fa scelte sbagliate e non ha la testa sulle spalle? Un procuratore deve essere vicino in questi momenti, creando un legame sincero con i suoi calciatori”.
Continua a seguire la Serie A?
“Assolutamente sì, ne parlo spesso con i miei amici. Una settimana fa ho chiamato Chiellini. Mi dispiace non possa giocare il Mondiale con l’Italia, Giorgio rappresenta qualcosa di straordinario e avrebbe meritato un palcoscenico così prestigioso. Lo stesso discorso vale per la squadra di Mancini: dopo la vittoria dell’Europeo, mi sarebbe piaciuto vederla in Qatar”.
A fine stagione la Juventus oltre a Dybala potrebbe salutare Chiellini anche.
“Sarebbe una grande perdita. Giorgio è innamorato del lavoro e della cultura del club bianconero. Prima di lui, è toccato a Marchisio, Barzagli e Buffon: dovesse andare via, la Juve sentirà la sua mancanza. Quanto a Dybala, avrei voluto vederlo a Torino per altri 6-7 anni. Non so quali dinamiche abbiano influito sulla separazione, ma sono certo che Paulo sia un calciatore e una persona fantastica. Per me sarebbe davvero strano vederlo con la maglia dell’Inter, considerando la rivalità tra le due squadre”.
Due addii così pesanti segnerebbero la fine di un’epoca. De Ligt, Chiesa e Vlahovic saranno i perni del futuro?
“Sì. Federico mi piace da matti, ha tanta qualità ma il suo punto di forza è la cattiveria agonistica che lo contraddistingue: in Europa, ce ne sono pochi come lui. De Ligt è intelligente e ha personalità. Immaginavo avrebbe fatto bene sin dalle prime apparizioni. A 19 anni era titolare nell’Ajax, già capitano e si distingueva sul piano della tecnica. Lavorando con dei campioni come Chiellini e Bonucci, era scontato che sarebbe migliorato. Dusan invece ha bisogno di tempo: quando arrivi a Torino devi capire il peso della maglia che indossi, a prescindere dal tuo ingaggio o dal valore del tuo cartellino. A volte, guardando le partite in televisione, l’ho visto sbuffare. Non va bene, È un titolare inamovibile, Allegri gli dà fiducia. Deve soltanto avere pazienza”.
Quanto ha inciso, quest’anno, il trasferimento last-minute di Cristiano Ronaldo?
“L’addio di CR7 sarebbe una batosta per qualsiasi squadra, dal momento che parliamo di un attaccante da 30 gol a stagione. Anche nello spogliatoio, però, è un punto di riferimento per tutti. È sempre il primo ad arrivare al campo e l’ultimo ad andarsene, si incazza come una bestia quando perde. Ti stimola a lavorare con passione, dedizione e cura dei dettagli”.
Allegri è l’uomo giusto per aprire un nuovo ciclo?
“Sì, perché nessuno conosce la Juventus meglio di lui. Durante la sua ultima stagione, la gente criticava il modo di giocare, senza pensare ai risultati che aveva raggiunto. Sarri non aveva vinto quanto lui, Pirlo diventerà un top però non ha la stessa esperienza di Max. Così, la società ha deciso di tornare alle origini, ma servirà comunque tempo. È arrivato il momento di riconoscere che è finito un ciclo, sono andati via calciatori del calibro di Buffon, Barzagli, Higuain, Pjanic e Khedira. Al loro posto, sono arrivati giovani promettenti, che però hanno bisogno di essere affiancati da alcuni top player. La mentalità vincente fa la differenza e, sul mercato degli svincolati, ogni estate è possibile trovare profili interessanti. Penso alla Juve di Marotta, costruita con colpi low-cost come Barzagli, Pirlo e Tevez…”.