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L’ex difensore della Juventus Andrea Barzagli ha parlato intervistato dai microfoni della Juventus, in occasione di un programma sul canale Twitch bianconero destinato alla celebrazione dei 10 anni dello Stadium: “Per me è stato un momento speciale, mi sono reso conto cosa voleva dire la storia della Juve. Al di là del fascino dello stadio nuovo e non eravamo abituati, o eri andato all’estero o in Italia non c’era, ma vedere tutta la storia della Juventus, gli ex campioni, allenatori, dirigenti. Serata entusiasmante, ti faceva rendere conto di cosa voleva dire giocare in quello stadio”.
“La cosa perfetta in questi 10 anni è che la Juve veniva da anni in cui non si vinceva, per magia con quello stadio è venuto fuori qualcosa di meraviglioso. Dalle notti Champions ai nove scudetti. I primi anni ha aiutato tantissimo a fare diversi punti in casa. D’impatto anche per gli avversari: chiunque arrivava diceva che era molto bello. Tutto azzeccato. C’era una tale carica nell’ambiente, dalla società ai giocatori fino ai tifosi. Si sentiva che c’era qualcosa nell’aria. Da lì a fare una cosa straordinaria ci vuole, abbiamo vinto quel campionato ma anche se non l’avessimo vinto quella era una Juve che prima o poi sarebbe tornata a vincere. Come ha voluto la storia, da lì siamo partiti e ci sono state altre serate storiche”.
Barzagli comincia a raccontare questi anni in bianconero: “Il rigore contro l’Atalanta l’ultima giornata? L’emozione più grande non è stata il rigore segnata, ma quando lo stadio ha iniziato a dire il mio nome. Ero l’unico a non aver fatto gol. Mi sono ritrovato in una situazione strana. Non pensavo che sapessero questa cosa, poi c’era la festa scudetto, celebravano Alex. È stata quella. Ho detto: è andato tutto bene, non posso sbagliare. Sarà stato tutto quello che è stato quell’anno, la magia. Rigore perfetto”.
“Di aneddoti ce ne sarebbero troppi, è difficile sceglierne uno. Torno sempre a pensare a quell’allenamento fatto a Roma o Napoli, non ricordo. La prima volta in cui abbiamo giocato a tre, fu la prima volta noi tre con Gigi dietro. Non nascondo le perplessità e un minimo di difficoltà. Alla fine abbiamo sempre giocato centrali a quattro, ero abituato, a Palermo avevo fatto a 3 ma sinceramente… non ti dico la difficoltà, poi nella partita, i video che ci ha fatto vedere Conte per i vari movimenti sbagliati. E piano piano ci siamo perfezionati e la cosa che ci dava più energia era che i compagni si rendevano conto di quanta stabilità davamo dietro, della compattezza. E tutti traevano energia e n’è venuta fuori qualche battaglia”.
“Il primo anno una spinta incredibile in tutti i momenti della partita. L’anno dopo, la prima di Champions, da brividi: era un ritorno in Champions con un minimo di aspettative o di sicurezza. Abbiamo vinto con una squadra che regala emozioni, ed è durata e durerà, poi capitano le giornate storte, ma i primi era magia pura. Era una sensazione diversa, non ti sembrava neanche di essere in Italia. Andavi per piacere. Perché c’era la tua squadra che vinceva. Tutti i pezzi entrati a meraviglia”.
Chiusura con il ricordo dell’addio: “L’ultima partita mi è passata la carriera davanti, mi sono tolto un peso. Quando vivi per l’ambiente calcio, Juve, ero dentro e mi sentivo parte di questa squadra da anni. E mi sono svuotato da tutte le responsabilità. Ho fatto una carriera meravigliosa e mi sono goduto il momento. Tutti i tifosi mi hanno acclamato e mi hanno fatto fare il giro di campo. Nel mio modo di vedermi sono sempre stato un giocatore a disposizione degli altri, come un gregario. Avevo visto la festa per Del Piero, avevo visto Gigi, non mi aspettavo la stessa cosa perché non ero grande come loro, ho fatto anche meno anni di loro. Sentir invocare il mio nome, fare il giro dello Stadium, ti rendi conto che hai fatto qualcosa di importante per loro. Emozione fortissima e quando mi capita di rivederlo le emozioni sono sempre forti”.