Massimiliano Allegri è stato intervistato da Dazn. Il tecnico della Juventus ha parlato della stagione e della sua filosofia: “Milan, Inter e Napoli ci sono arrivate davanti in classifica, ma non ci erano superiori. Se non abbiamo mai vinto negli scontri diretti, qualcosa ci è mancato sotto l’aspetto caratteriale o della gestione. Chi vince non potrà mai giocare male. Però anche chi gioca bene perde e viene criticato perché non raggiunge il risultato. Quando sei in campo non c’è un metodo unico per vincere: bisogna avere giocatori molto bravi, metterli nelle giuste condizioni e dargli un’idea. La differenza è che quando alleni una grande squadra, l’obiettivo è arrivare a vincere. Tutti vogliamo giocare bene, ma è una parola astratta perché alla fine ci si ricorda della rovesciata di Ronaldo qui a Torino, non dell’azione. Poi dipende dalle caratteristiche del giocatore, ma soprattutto dal Dna della società, altro elemento che non puoi cambiare. Quindi un metodo bisogna trovarlo e tutti gli anni non è lo stesso“.
Allegri ha indicato i leader bianconeri: “Ce ne sono due: De Ligt e Locatelli. Manuel è stato un ottimo acquisto, potrà essere il capitano, ha le caratteristiche tecniche e morali per stare tanti anni alla Juve. Poi quest’anno è stata una piacevole sorpresa Danilo: quando parla non è mai banale e mette davanti la squadra. Un vero leader è silenzioso, deve parlare poco e mettere sempre davanti la squadra. È la squadra che ti riconosce come leader“.
Su Pogba: “Paul non tornerà perché lui ha paura di sfidarmi… Prima ha perso con i piedi, poi con le mani, quindi è andato via. Il vero motivo per cui è andato via è questo e difficilmente ora torna“.
Il no al Real Madrid: “La Juventus era una sfida, insieme alla società e ai tifosi, insieme a tutti, volevo vincere in Italia e fare bene in Europa. Nella prossima stagione potremmo anche vedere una Juve con due esterni“.
Su Vlahovic: “Dusan può essere un leader a modo suo, ha un carattere leale, vuole sempre vincere, più che con le parole, diventerà un leader carismatico in campo a livello caratteriale. Ho allenato Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Ronaldinho, Robinho, Cassano, Seedorf, Pirlo e Buffon: un fuoriclasse, a parte quando si metteva in porta e non si buttava… L’unico che mi è mancato allenare è Messi. Mi emoziono ancora se penso alle annate trascorse con grandi giocatori che mi hanno insegnato e dato tanto. Con loro ho avuto anche degli scontri, ma il campione non è quello che esce dallo spogliatoio, sconsolato, e chiama il procuratore. È quello che tira fuori l’orgoglio, ti dimostra che è ancora un campione e così in campo vince le partite“.
Poi una chiosa su Dybala: “Paulo deve tornare a essere se stesso, c’è stato un momento in cui si è fatto trascinare dal fatto che era il nuovo Messi. Un giocatore non può emulare o pensare di essere come un altro. Ha ancora tanto da dare perché ha qualità tecniche straordinarie, gioca in modo divino“.
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