La centrocampista della Juventus Women Arianna Caruso ha parlato intervistata dalla pagina Cronache di Spogliatoio, alla quale ha parlato della sua carriera: “A scuola quando c’era la possibilità durante l’intervallo o nelle assemblee giocavo a calcio. Perfino in partita, fin quando sono scesa in campo con squadre maschili, non ho mai ricevuto mezza parola negativa dagli avversari. Anzi, loro erano anche contenti di vedermi. Magari pensavano di avere un vantaggio vedendo una ragazzina in campo, e invece”.
“Qui alla Juventus ci trattavano come professioniste già da prima che fosse ufficiale. Sicuramente è stato un passo importante, ma per come viviamo tutti i giorni a Vinovo, noi lo eravamo già da un pezzo. A differenza del calcio maschile, quello femminile prevede un numero fisso di calciatrici italiane da avere in squadra. Bisogna tornare a puntare sui vivai italiani, far crescere i giovani e dar loro spazio perché sennò per la Nazionale c’è poco futuro. E l’abbiamo visto. Magari anche da noi, senza quel vincolo, giocherebbero le straniere. Dobbiamo cambiare la mentalità. Quando una di noi va fuori, trova delle difficoltà, non deve giocare per forza. Le ragazze che arrivano da fuori, dato che il calcio femminile all’estero è più sviluppato, trovano spazio più facilmente”.
“Quando ero alla Res Roma, arrivarono alcune offerte. Poi, ecco la Juventus. Per venire qui a Torino il club aveva organizzato tutto il viaggio per me e la mia famiglia. Mi hanno fatto fare il giro dello stadio e del museo, spiegandomi tutto il progetto. Io andavo ancora a scuola e loro lo sapevano: ‘Non devi preoccuparti di nulla. Noi abbiamo una scuola a disposizione. Se non fai il nostro indirizzo scientifico, puoi andare in un’altra scuola pubblica e intanto stai in convitto da noi. Avrebbero pensato a tutto loro: cibo, vestiti da lavare, passaggi col pulmino. E a 17 anni, se ti dicono una cosa del genere, non puoi rifiutare. Penso che anche per i miei fosse un sollievo: vedere la propria figlia andar via di casa a 17 anni, senza finire neanche la scuola, poteva essere una preoccupazione. In realtà, ringrazio i miei genitori perché se non li avessi ascoltati, non sarei arrivata alla Juventus”.
“Il mio obiettivo sono le 200 presenze con la Juventus. Ma il vero sogno nel cassetto è la Women’s Champions League. Però guardo a quest’anno: voglio il 6° scudetto consecutivo e la Coppa Italia. E poi c’è il Mondiale. Voglio vivermelo diversamente. L’Europeo è stata la mia prima competizione internazionale con la Nazionale. Era tutto nuovo per me, ma non è andata benissimo”.
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