Intervistato da La Stampa, l’Head of Juventus Women Stefano Braghin ha parla del momento della squadra femminile bianconera. Sono arrivate tante vittorie: “I titoli fanno piacere ma la competitività riscontrata in tutte le annate è il segnale del buon lavoro. Non dimentichiamo che il nostro obiettivo è la crescita delle giovani così che possano arrivare in prima squadra. Come è successo con Arcangeli o Beccari, che hanno esordito in A e in Champions”.
Sul vivaio: “L’Under 12 è l’entusiasmo, l’Under 15 la passione, l’Under 17 il talento e l’Under 19 la qualità. Noi replichiamo in ogni aspetto la gestione del settore maschile: 16 ragazze arrivano da fuori regione, vivono in convitto e sono seguite da due tutor. Frequentano il Liceo al J-College perché cultura e autonomia critica sono fondamentali per la loro crescita. Quest’anno sei di loro hanno superato la Maturità”.
L’identikit della giocatrice bianconera: “Gli staff hanno libertà nel sistema di gioco per le giovanili. Mi piacerebbe che la giocatrice della Juve fosse riconosciuta per il suo coraggio, la sua mentalità propositiva, una giocatrice che pensa. Gli scudetti contano per gli almanacchi ma scambierei un titolo con la presenza delle nostre giovani in prima squadra. Il nostro obiettivo è creare identità e creare giocatrici da Juve già nel mondo Juve. Penso ad Alice Giai, classe 2003, arrivata in bianconero a dodici anni. Non scordiamo poi che per le ragazze giocare a pallone significa vivere sempre controvento“.
Il grande lavoro svolto: “Non avevamo squadra, allenatore, campi. Quando Marotta mi diede l’incarico, pensai subito a Rita Guarino: aveva grande considerazione nel movimento, lei sarebbe stata la garanzia del nostro progetto. La chiamai e le dissi che aveva un’ora di tempo per dire di sì. Nella storia della Juve lei è stata la pietra miliare e poi è di Torino: la Juve è un marchio mondiale ma le sue radici restano nella nostra città“.