Sulle colonne del Corriere della Sera Mario Sconcerti parla del successo della Juventus in UCL, trascinata da Cristiano Ronaldo.
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“Una grande vittoria quasi guidata con la mano da Allegri, una squadra inventata che ha letteralmente annullato l’avversario, colpito quasi nell’intelletto, stordito, inconsapevole di cosa continuava ad accadere. Una Juve da qualunque impresa europea, la Juve che era stata costruita e che ha voluto ritrovarsi all’improvviso quasi con violenza. Due i nomi sul campo, Ronaldo e Bernardeschi, eccezionale il primo per tutta la partita ma soprattutto nell’elevazione sui gol. Mai visto uno così agile e così potente allo stesso modo, una spinta verso l’alto così leggera e decisiva. Ma Bernardeschi è stato il grande ispiratore, forse qualcosa di più e di diverso, forse un nuovo campione. Un giocatore di forza e dribbling che ha corso in ogni spazio giocando alla fine sempre per gli altri. L’attaccante universale su cui ricostruire davvero un destino anche per l’Italia. Infine Allegri. Non credo che i suoi contestatori fossero la maggioranza, il calcio ha una logica che non può essere messa in mano solo alla rabbia. Allegri è un grande allenatore, dovrebbero saperlo gli juventini per primi. L’Atletico non c’è mai stato, non ha mai tirato in porta. Una prestazione imbarazzante per una squadra che aveva vinto con evidenza all’andata. Un dominio psicologico del fattore campo da vecchi tempi, prima del possesso palla. Poi Ronaldo. Ho finito gli aggettivi, è impressionante la facilità con cui mette insieme velocità e potenza. Stasera si è pagato buona parte dell’ingaggio solo con i due stacchi di testa, lievi e inverosimili. La Juve fino al gol era stata bella ma il portiere dell’Atletico non aveva fatto una parata, tanta pressione, tante impressioni, nessuna rendita vera. Ronaldo ha risolto tutto con due gesti impossibili e spontanei, ha restituito al volo dosi e normalità alla superiorità della Juve. Se a lui si aggiungono la maturità di Bernardeschi, l’intraprendenza di Spinazzola, il lusso di Dybala in panchina, la diversità della Juve ritorna spontanea e viene da pensare a cosa abbiamo creduto in queste ultime settimane dopo Madrid”.