TORINO – “È stata una bella partita finché la Bosnia ha avuto la forza per ripartire. Poi, col respiro grosso, ha cominciato ad accontentarsi ed è caduta su un colpo di Verratti da manuale euclideo. Questo in fondo è il vantaggio dell’Italia di Mancini: sa giocare a calcio e ha voglia di farlo, non ha paura di tentare soluzioni estreme7
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Stavolta è stata anche una partita vera. La Bosnia ha la classe dei balcanici, cioè il solito misto tra l’Italia e l’Oriente con un fisico superiore. Abbiamo vinto quando non pensavamo più, abbiamo sofferto e reagito, portato un po’ di ordine su un campo che era diventato davvero una terra selvaggia. Ci siamo confermati una squadra di talento, cosa che a me sembra già enorme visti i tempi. Dobbiamo considerare che non c’è più una squadra guida al mondo. I tanti stranieri rendono straniere a se stesse anche le squadre nazionali. Nello spazio che resta, Mancini ha trovato due idee, la giovinezza e la condanna del banale, che ci rendono almeno baldanzosi. Servirebbe una grande punta, un Belotti che cresce, un Bernardeschi che si guarda meno, un Quagliarella con 10 anni di meno”.