TORINO – L’ex giocatore della Juventus Michel Platini ha parlato nel corso di un incontro delle Nazioni Unite a New York.
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Platini, questi ragazzi in che modo sono diversi dalla sua generazione?
“Hanno le porte del mondo spalancate. Ragionano più velocemente, sono più informati. Hanno internet e una cultura differente. Però alla nostra epoca c’erano meno problemi e più lavoro”.
E il calcio com’è cambiato?
“E’ più bello che ai miei tempi. Anche le nuove regole hanno dato una mano. Si è cercato di eliminare le perdite di tempo, mettendo i palloni intorno al campo, limitando la possibilità di passare la palla indietro al portiere. E poi si è trasformato il fisico dei giocatori, la velocità”.
Ma lei in questa Juve riuscirebbe a giocare?
“Non ci ho mai pensato. Impossibile paragonare due epoche diverse”.
Beh, lei ha lasciato il calcio a 32 anni, Ronaldo quando la scorsa estate è andato a Torino aveva già 33 anni…
“Lui ha un fisico differente dal mio: molto differente. Ha una forza anche mentale incredibile. Ma anch’io possedevo delle qualità: avevo un bel piede destro e segnavo pure qualche gol. Ma l’ho detto, avevo finito la benzina”.
A proposito, dove metterebbe Ronaldo nel ranking dei migliori al mondo?
“Durissima. Ribadisco la difficoltà di fare paragoni fra generazioni di calciatori diverse. Ma ciò che hanno fatto e stanno facendo Ronaldo e Messi è straordinario”.
E la Var le piace?
“No. E’ stata una scelta obbligata. Colpa di voi giornalisti, che avete fatto pressione: ogni volta che un arbitro sbagliava, chiedevate più giustizia. Ma quel marchingegno non dà più giustizia. Lo so, perché io davanti alle telecamere ci ho giocato. Ci sono cose indubbiamente positive, come sul fuorigioco o la palla dentro e fuori dalle linee. Invece l’interpretazione dei falli non può funzionare. Se io appoggio una mano sulla spalla di un avversario, in tv è rigore nettissimo. Ma le immagini mica ti possono indicare la forza che c’era in quella pacca. Ormai non è più possibile tornare indietro: urgono però degli adeguamenti”.
Lei vede la Juve favorita in Champions?
“Sì. È una competizione dove rispetto al campionato può succedere di tutto. Ma il grande traguardo l’ha superato contro l’Atletico e lì ha fatto vedere la sua forza”.
Che cosa ha pensato quando l’Italia ha fallito la qualificazione al Mondiale?
“Un dramma per voi, ma pure una festa per la Svezia. Allora ero presidente del Uefa e dunque dovevo restare impassibile e neutrale. Vietato fare il tifo”.
Anche la Francia, prima del 1978, ha avuto una lunga striscia di fallimenti.
“Ma da noi a quei tempi per il football non c’era la stessa passione che in Italia. Vi racconto un aneddoto. Quando andavo in comune per il certificato di nascita o la carta d’identità e mi chiedevano che cosa facessi di lavoro, rispondevo: ‘Il calciatore’. E l’impiegato replicava: ‘Ok, questo è il suo hobby. Mi dica la sua vera professione’. Questa era la Francia degli Anni 60 e 70. In Italia era diverso. Io mi riposavo nei 90’ in cui giocavo la partita, poi iniziava la settimana d’inferno con i giornalisti sempre alle calcagna”.