Sul suo editoriale sul Corriere dello Sport Roberto Perrone, parla di Moise Kean
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“Gli spettatori fanno oooh. Come i bambini di quella canzone di qualche anno fa. Quando Moise Kean ha schiodato i glutei dalla panchina, lo Stadium ha vibrato. I tifosi amano le storie, come i media. E questa è ghiotta: un ragazzo millennial che come tocca un pallone lo trasforma in gol. I tifosi (e anche molti giornalisti) amano i giocatori e detestano gli allenatori, anche perché si credono meglio dei secondi. Eppure Max Allegri spegnendo con la panchina la frenesia che lo circondava, ha fatto/farà il bene del ragazzo. Max sa come vanno queste cose. E anche dopo l’Empoli, malgrado i complimenti per la riposta di Kean non ha cambiato idea. Sa che il calcio è un meraviglioso patchwork, come un abito fatto di tante pezze. E le pezze sono gli episodi, le metti insieme bene e fai un capo alla moda, altrimenti non se lo mette nessuno. Proprio la storia juventina insegna con due storie. La prima è quella di Kingsley Coman. Il 30 agosto 2014 l’esordiente, sulla panchina bianconera, Max Allegri fa esordire pure il francesino arrivato dal Psg a costo zero per ritentare il colpo Pogba. Coman fa una buona partita, gli manca solo il gol. Da allora colleziona 20 presenze con una rete in Coppa Italia, poi viene ceduto al Bayern Monaco (28 milioni, una bella plusvalenza). Ma se quel giorno avesse segnato sarebbe cambiato qualcosa? No. Questo è il punto. E la risposta vale anche per lo storico caso di Marco Pacione a secco con il Barcellona il 19 marzo 1986. Il bravo e preparato team manager del Chievo è diventato l’archetipo delle occasioni perdute. Madama uscì dalla Champions non certo solo per colpa sua. Ma anche se avesse segnato la sua strada non sarebbe stata diversa. Bisogna ribaltare il pensiero comune. L’inizio di una carriera è importante, ma è la fine quella di cui ci ricorderemo. La continuità fa la storia. Allegri tenendo a bassa intensità le emozioni per Kean, lo aiuta a capire che non conta quanti gol segni o non segni oggi che sei un ragazzo, ma quelli che segnerai domani”.