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Juve in the world: Praga

Juventus
Anno 1985: in Repubblica Ceca (all'epoca Cecoslovacchia) i bianconeri trovano l'accesso alla semifinale di Coppa dei Campioni

TORINO – Ogni tanto, il calcio della Repubblica Ceca (un tempo Cecoslovacchia quando non si era ancora diviso il Paese) attraversa periodi di splendore. Lo testimoniano le finali disputate nelle grandi competizioni. Quelle perse in ben due Mondiali (1934, contro l’Italia; 1962, sconfitti dal Brasile), traguardi che non hanno raggiunto nazioni calcisticamente più continue. Quella vinta nell’Europeo del 1976 con il famoso cucchiaio su rigore di Panenka a piegare la Germania Ovest e quella persa vent’anni dopo al golden gol per “colpa” di Oliver Bierhoff a con i tedeschi dell’Est e dell’Ovest ormai unificati. In quella nazionale del 1996 c’era un giovane Pavel Nedved, le cui prestazioni interessarono la Lazio che lo acquistò. Anche perché il futuro Pallone d’Oro si era già distinto per quattro stagioni di buon livello con lo Sparta Praga. L’unica squadra ceca che la Juventus ha affrontato nelle coppe europee, precisamente nel 1985, anche se nell’affascinante capitale ha giocato in altre sei occasioni precedenti.

PERDERE ED ESSERE FELICI
“Siamo in semifinale!!!” recita la pagina di Hurrà Juventus dell’aprile 1985 e il numero di punti esclamativi riproduce l’urlo per una sconfitta che provoca felicità. Perché l’1-0 patito dalla Signora – rigore trasformato da Berger a 14 minuti dal termine – è reso ininfluente dal punteggio dell’andata, quando al Comunale di Torino i bianconeri hanno vinto nettamente per 3-0. Eppure, quella trasferta produsse qualche patema d’animo. Ma non sul campo, peraltro ai limiti della praticabilità, un vero e proprio pantano per le nevicate dei giorni precedenti su Praga (avviso per chi si interessa ai mutamenti climatici: si giocava il 20 marzo, a ridosso della primavera, e le condizioni meteo erano decisamente invernali). Era stato il viaggio a impensierire e non poco la squadra bianconera. Una fitta nebbia, unita alla presenza della neve aveva impedito l’atterraggio nell’aeroporto della capitale, dirottando la Juventus a Bratislava. Quando tutto faceva pensare a un pernottamento obbligato e al rinvio del trasferimento all’indomani tramite pullman – quasi 400 km la distanza da percorrere – era arrivata la notizia che la situazione all’aeroporto si era liberata e nel cuore della notte finalmente si era riusciti ad arrivare a destinazione, non senza qualche preoccupazione in fase di atterraggio.

“C’è la neve, ma farà caldo”, aveva ammonito Giovanni Trapattoni, riferendosi alla spinta del pubblico dello Stadion Letna, impianto inaugurato nel 1917. Spalti attaccati al terreno di gioco, tifo sostenuto, ma tutto sostenibile dalla Juve, troppo superiore rispetto agli avversari, come aveva del resto dichiarato lo stesso mister dello Sparta parlando di “due categorie di differenza” tra le due formazioni e definendo Platini e compagni come “la miglior squadra d’Europa”.

LA MAGIA DI PRAGA
“Imparentata” con Torino attraverso una consolidata fama internazionale di città magica, Praga è stata per la Signora piuttosto una città “diabolica” prima del 1985. I bianconeri hanno affrontato lo Sparta Praga in un periodo che va dal 1926 al 1935, tra amichevoli e Coppa dell’Europa Centrale: 5 partite ed altrettante sconfitte, con un solo gol realizzato. Unica vittoria, quella contro il Viktoria Zivkov nel 1926, un 3-1 ottenuto contro un club che due anni dopo avrebbe toccato l’apogeo della propria storia conquistando il titolo del campionato cecoslovacco. La magia di quel Paese, per noi, evidentemente stava 200 km più a Ovest, nella città di Cheb, il luogo di nascita di Pavel Nedved.

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