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Juve in the World | Amsterdam

TORINO – Dici Amsterdam e non si può che pensare immediatamente all’Ajax, club con il quale la Juventus ha intrecciato il suo percorso svariate volte, comprese due finali “epocali”: la prima nel 1973, a Belgrado, dove hanno vinto i lancieri; la seconda nel 1996 a Roma, con la Signora ad aggiudicarsi la coppa dalle grandi orecchie ai calci di rigore. Se questi sono due appuntamenti unici, diversi sono stati i viaggi dei bianconeri nella città olandese, a partire dal 1974, nei confronti ad andata e ritorno. Sei gare con un bilancio più che positivo: tre successi, due pareggi e una sconfitta di misura che non ha comunque compromesso il passaggio del turno. Amaro è stato invece l’ultimo atto della Champions League del 1997-98, quando all’Amsterdam Arena – inaugurata due anni prima e oggi ribattezzata in onore del profeta del calcio totale Johan Cruijff – il Real Madrid ha prevalso con la rete di Mijatovic.

A precedere questo fitto quadro di impegni – sparso tra Coppa Uefa, Coppa dei Campioni, Champions League ed Europa League – c’è una gara amichevole molto lontana nel tempo. Risale al 7 settembre 1938, quando il club prepara il campionato rispondendo a una chiamata prestigiosa. Il Comitato dei festeggiamenti per il quarantesimo anno di regno della Regina Guglielmina invita la Juventus a effettuare un’amichevole con la Nazionale olandese (una consuetudine non rara nel tempo, anche a Torino si sono viste rappresentative di un Paese scendere in campo contro i bianconeri). Si può intuire il motivo di così tanta attenzione: gli Orange hanno partecipato ad entrambi i Mondiali vinti dall’Italia nel 1934 e – per l’appunto – nel 1938. Ospitare la Juventus significava pertanto confrontarsi con un bel po’ di giocatori affermati internazionalmente. La formazione bianconera arriva ad Amsterdam passando per Parigi e soggiornandovi una notte (un particolare importante che tornerà successivamente). La gara si conclude 1-1: vanno in vantaggio i bianconeri con Luigi Busidoni; per l’Olanda la rete è di Franciscus van der Veen, un diciannovenne, quasi a indicare come già ai tempi la politica dei giovani fosse la direttrice di un calcio che avrebbe poi trovato una stabile dimensione di vertice a partire dagli anni ’70 e che ha in oggi nel nostro Matthjis de Ligt uno degli esempi più evidenti.

AMSTERDAM? NO, AJAX
Più volte vi abbiamo raccontato attraverso gli articoli di Hurrà Juventus come insieme all’evento agonistico ci fosse il desiderio di scoprire e narrare la città che lo ospitava. In un mondo molto meno connesso di quanto lo sia oggi, varcare le frontiere coincideva con il passaggio della soglia nella fiaba, la stranezza e le diversità che si proponevano davanti acuivano lo sguardo. Curiosamente, non è il caso di Amsterdam, nonostante di leggende – più o meno “metropolitane” – sull’originalità della città ne esistano in gran numero. Più del luogo, conta il club, il senso rivoluzionario che si porta appresso quell’Ajax delle meraviglie, che dal 1971 al 1974 infila un trittico di successi di fila in Coppa dei Campioni. Perciò, quando l’11 dicembre la Juve va ad affrontare gli olandesi in casa loro, 5 mesi dopo la consacrazione del nuovo calcio proposto anche dalla Nazionale al Mondiale tedesco, il focus d’attenzione è tutto rivolto al merito del confronto. “Cancellato dalla Coppa “il Grande Ajax”, si proclama felici dell’impresa in Coppa Uefa.

E a rafforzare il concetto, si dà spazio ai tifosi bianconeri che si sono gustati dal vivo l’impresa, non prima di avere fatto scalo a Parigi a issare le bandiere bianconere sulla Tour Eiffel, proprio come dei conquistatori. Gli innamorati della Signora giungono da tutta Europa, tanti sono gli emigrati italiani che Beppe Barletti descrive così: “C’è gente che aspetta un anno per gridare “forza ragazzi, giocate stasera anche per noi, dateci stasera un po’ di gioia per scaldare il nostro cuore nei mesi a venire, quando scenderemo settecento, mille metri sottoterra a cavar carbone, per scaldare il nostro animo nei lettini che ci accoglieranno per riposi troppo brevi, mentre intorno altra gente con idiomi stranieri parlerà di cose che molti di noi non capiscono né vogliono capire”.

AJAX? NO, JUVE
Un anno dopo il trionfo di Roma, la Juve affronta nuovamente l’Ajax in semifinale. La gara di Amsterdam è tra le più belle della storia europea, un manifesto sull’identità della squadra di Lippi. Stavolta gli “olandesi” – se si intende con il termine non un’appartenenza nazionale ma un’attitudine al coraggio, al rinnovamento e alla gioventù – siamo noi, trascinati dai gol della coppia Amoruso-Vieri e dalla sfrontatezza esuberante dei loro 45 anni in due. Hurrà esulta, non aspetta il verdetto del ritorno (ancor più rilevante, un 4-1 implacabile) per celebrare l’impresa. A partire dal riconoscimento del santone ajacide, il tecnico Louis Van Gaal, che dichiara: “Mai visto una squadra così!”. Per proseguire, poi, elencando gli attestati di stima della stampa di ogni dove, dall’Equipe al Daily Mirror, da Le Soir al Pais, dalla Bild Zeitung al De Telegraaf e chiudere con le testate italiane che associano alla Juve termini come “show”, “mito”, “infinita” e “irresistibile”.

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