TORINO – Giorgio Chiellini, difensore della Juventus, ha parlato in una diretta Instagram con Martina Colombari: “Dal 28 di gennaio ad aprile sono rimasto da solo. Mia moglie era in Toscana perché aveva portato mia figlia più piccola a fare un vaccino, quando dovevano tornare a Torino la situazione a fine febbraio non era tanto bella e abbiamo deciso che era meglio rimandare. Quando ho riabbracciato mia figlia più grande, dopo tanto tempo… quell’abbraccio ce l’ho nel cuore e mi sono commosso. Sono onesto: sono state tante emozioni e fortunatamente la maggior parte sono state belle. Ho potuto fare il pranzo della domenica in famiglia. Ora siamo un po’ provati, ma tornare alla normalità è bello. Penso che se l’infortunio mi fosse capitato dieci anni fa non avrei avuto la serenità per accettarlo. A 35, ho maturato più esperienza e si capisce che ci può stare, è un passaggio e trasformi ogni energia per tornare. Il primo periodo ho sentito una scarica di energia forte, fai fisioterapia e vai a mille, anche se comunque fa male. Quando togli le stampelle puoi valutare i miglioramenti, che sono impercettibili e ti sforzi tanto per recuperare poco per volta. Poi, impari a conoscere meglio anche i dottori e i fisioterapisti, che, in questi mesi, fanno parte dello spogliatoio, si instaura un bel rapporto. Sono molto autocritico e questo mi aiuta nel mio lavoro. Certe cose non le rifarei, ma cerco di migliorare. Nella mia tesi era facile parlare di Juve. Sono cresciuto pensando che avrei fatto l’università, non so se avrei fatto medicina con il mio babbo. Poi quando ho finito il liceo a 19 anni giocavo già in Serie B. Ho dato solo due esami per non fare il militare. Poi, a Torino avevo tanto tempo libero e ho detto perché giocare alla Palystation? La triennale l’ho fatta in fretta, in quattro anni, grazie a Elisa, la professoressa che mi ha aiutato nel piano di studi. E ad un ateneo molto disponibile. Facevamo un incontro a inizio esame, poi avevo un contatto con il professore durante il percorso di studi e infine un altro incontro prima degli esami per avere dei chiarimenti. Per quelli più difficili, ho preso ripetizioni da qualche ex studente o professore. Essere capitano è più faticoso che nascere fenomeno, ma all’inizio hai meno pressioni. Ci sono tanti giocatori che hanno 17 anni e tante aspettative che rovinano una carriera. Io avevo un bell’approccio, anche a 15 anni a Livorno. Sono andato a fare dei provini con Juve, Inter e Milan, sono stato vicino ad andare in quelle squadre, ma il presidente, anche per richieste economiche alte, ha detto di no. È stata la mia fortuna perché ho vissuto un’adolescenza normale, non in collegio dove vedi i genitori una volta al mese. Ho giocato con grandi campioni a cui ho cercato di rubare il più possibile, lo stesso ho fatto anche con gli esempi cattivi. L’affetto che c’è da una proprietà familiare come quella della Juve si sente ed è un valore aggiunto notevole. Quando c’erano l’Inter di Moratti o il Milan di Berlusconi c’era una percezione diversa. Il mondo sta cambiando e l’Italia si sta adeguando, ma per noi nostalgici si sentiva un amore diverso per la squadra. Non che oggi si lavori male. Era un calcio differente. Penso all’Inter di Moratti, che sono stati acerrimi rivali, ma c’era stima. Io ero tifoso del Milan, mi sono innamorato a inizio anni ’90 e lo sono stato fino a quando non sono arrivato in Serie A. Mentre mio fratello era juventino come mio padre e ci prendevamo in giro, con mia madre che era milanista. Quando ho firmato per la Juve nel 2004 non ti dico come l’hanno presa. Il difensore, fino a che non è arrivato Conte, era solo un difensore. Pensava alle cose semplici, non a creare un’azione offensiva. Lui invece ha insistito fin da subito sul fatto che potessimo creare anche noi. Antonio è stato un top, che mi ha dato tanto e chiesto tanto. Lui e Allegri, sono persone che ho raggiunto in una maturità calcistica per capirli. Tantissimi importanti ce ne sono stati, ma loro due sono stati speciali. Lippi? Aveva la capacità di leggere le situazioni, meno tattica, ma un rapporto schietto e diretto con tutti. È stato importante, anche se io ero molto giovane all’inizio. Purtroppo CR7 ci ha segnato tanto, tanto, tanto. Meno male che ora è un mio compagno di squadra. È di un altro livello, si vede e penso sia giusto ammetterlo, ha dato tanto alla Juve. Quando hai un campione del genere è un peccato non sfruttarlo al massimo. Buffon è un fratello maggiore, in 15 anni è la persona che ho visto di più sulla terra. È una persona che riesce sempre nei momenti decisivi a tirare fuori le parole giuste per cambiare le sorti di una stagione. Ci sono aspetti di lui che si vedono poco, è una persona splendida che mi ha insegnato tanto. Siamo diversi, ma come lui riusciva a tirare fuori parole nei momenti decisivi, mi ha ammaliato. Mi sto riprendendo da qualche acciacchetto post-lockdown, non riuscire a lavorare nelle strutture adeguate è difficile e senza un fisioterapista che ti aiuta a guidare. Ho ancora qualche giorno in cui lavorare a parte, speriamo di entrare in gruppo presto. Sarà un’estate strana, ma per noi già poter giocare e muoversi è bello. È più brutto giocare senza tifosi che non fare le vacanze. Piuttosto che niente meglio piuttosto, speriamo in un mesetto di riavere anche solo cinque-dieci mila persone allo stadio. Senza tifosi rimbomba tutto. Per l’arbitro è difficile, perché sente i commenti anche di quelli in panchina. Sente tutte le cose, è il più svantaggiato. Senti ogni richiamo dell’allenatore, del compagno, del portiere. Ogni tanto è meglio sentire i tifosi”.
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