TORINO – IL giornalista Fabrizio Bocca ha parlato a La Repubblica.
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“Non poteva, la partita col Chievo, avere un finale diverso per la Juve. Se i punti di differenza sono 45 (restituendo al Chievo anche i 3 di penalizzazione) non c’è altra soluzione che la vittoria bianconera. Il numero dei gol piuttosto non è conseguenziale (3-0) e questo è la testimonianza che per la Juve siamo in una lunga fase di allenamento e defaticamento interposta tra la Supercoppa vinta col Milan con gol di Ronaldo e l’appuntamento con l’Atletico Madrid di fine febbraio. I 9 punti di vantaggio sul Napoli consentono una gestione ottimale del gruppo: per cui via alle rotazioni, al turn over, al riequilibro dei minutaggi. Più teoria che pratica.
La costante della Juve rimane Cristiano Ronaldo che venendo dalla Spagna e dalla Liga delle superstar certe esigenze non le conosce e per cui sta lì a sfruttare ogni minuto, a cercare di segnare un gol in più e di travolgere record. Anche perché c’è da distinguersi dalla normalità dei Quagliarella, Zapata, Piatek & C, che bene o male gli tengono testa senza profumare di divinità e di trascendenza.
Capita così infatti che quel vecchiaccio di Stefano Sorrentino alla soglia ormai dei 40 anni si tuffi d’istinto e gli pari il rigore che lo avrebbe mandato solo in testa alla classifica dei cannonieri. Tira poi da qui e tira da là niente da fare – i gol li fanno Douglas Costa, Emre Can e perfino Rugani – il rischio è che alla fine si convinca, il divino CR7, che la Juve sia al suo servizio e non viceversa. Niente di male, comunque, luogo comune vuole che la Serie A sia un campionato di poveracci, ma come si dice qui non te la porti da casa nemmeno contro l’ultima in classifica. E comunque in Italia tre, quattro gol al massimo, sono il limite oltre il quale per convenzione non si va, evitando di travolgere e umiliare l’avversario. Ma questo è un altro discorso.
Per il resto la Juve “Boccs” noiosamente, nel senso che fa prove di tiki taka – Sky ci riporta trionfalmente dei 30 passaggi utilizzati per arrivare al gol di Emre Can – nella convinzione forse che in Champions League la difesa e il contropiede che tanto piacciono ad Allegri, non siano all’altezza del compito. Max Allegri continua a cercare di strapparsi l’etichetta di allenatore difensivista che specula sul gioco e non cede alle paillettes dello spettacolo. La questione è antica come l’invenzione della ruota e non ci porterà mai da nessuna parte, se non all’altro scontatissimo luogo comune che quel conta, nel calcio, è buttarla dentro. Il problema è il come, ma questo già interessa meno”.