TORINO – E’ la quinta Coppa Italia vinta dalla Signora quella che si gioca nella Capitale il 29 agosto del 1965. La data è particolare, rispetto a quelle che sono le abitudini odierne, dove il trofeo nazionale viene assegnato mentre si è ancora nel pieno della stagione agonistica. In quell’anno, infatti, le semifinali vengono disputate all’inizio di giugno e l’ultimo atto è collocato in calendario molto dopo, a soli 7 giorni dall’inizio del nuovo campionato. Per la Juve è questa la quinta Coppa Italia da portare in bacheca, una delle più gradite perché va a sconfiggere l’Inter: i nerazzurri non sono solo i rivali storici, guidati dall’allenatore Helenio Herrera che soffia sul fuoco delle polemiche ogni qualvolta si può. A rendere più eclatante il successo, c’è l’orgoglio di superare i campioni d’Italia in carica, nonché i titolari della Coppa dei Campioni. Lo scenario della vittoria bianconera è inedito, mai prima d’allora la Juve aveva alzato la Coppa all’Olimpico. Le precedenti affermazioni erano state ottenute a Torino nel 1938 e nel 1942 e a Milano nella doppia conquista consecutiva del 1959 e 1960. Hurrà Juventus dedica grande spazio all’impresa della squadra, anche perché rappresenta il primo fiore all’occhiello della gestione di Heriberto Herrera, il mister paraguaiano che poi nel 1967 riporterà lo scudetto in casa bianconera, anche in quella circostanza misurandosi in un testa a testa con l’Inter, sorpassata all’ultima giornata. La copertina del numero di settembre del 1965 vede il capitano Ernesto Castano alzare il trofeo ed il suo sorriso racconta meglio di ogni parola la soddisfazione per quanto ottenuto sul campo.
I DUE PROTAGONISTI
Alla Juve non si è abituati a trascorrere il tempo senza vincere. Per questo l’orgoglio per il ritorno ai vertici quattro anni dopo l’ultimo scudetto viene salutato dal presidente Vittore Catella con una lettera aperta rivolta ai tifosi. Il pezzo è corredato dalle due foto più significative del momento. All’Olimpico è stata scattata l’istantanea che ritrae il match-winner Giampaolo Menichelli, autore del gol che ha deciso la sfida al quarto d’ora del primo tempo. Nato a Roma, ex giallorosso, la didascalia ne ricorda le origini e il sostegno dei suoi concittadini: “Dicevano i romani, esultanti: “Abbiamo tifato per voi, vi abbiamo dato il giocatore che ha segnato il gol, che volete di più…”. A Caselle, invece, la parte del protagonista la prende il mister, portato in trionfo dai tifosi. Ed a lui sono dedicate le parole del massimo dirigente della società: “La conquista della Coppa Italia, relativa alla stagione passata, corona tutto il lavoro di un anno, che il nostro allenatore Heriberto Herrera ha fatto alla Juventus, riuscendo a dare alla squadra oltre che un gioco collettivo, un carattere agonistico e una carica atletica e psicologica, come da tempo non si verificava”. Quanto all’allenatore, nelle pagine interne si riprende la sua risposta all’H.H. interista, che aveva parlato di “una buona dose di fortuna” a proposito dei meriti bianconeri: “Se questa è la sua opinione io la rispetto. Ma non sono della stessa idea: la sorte favorevole bisogna propiziarla e l’Inter è stata sempre ben controllata dalla nostra difesa, anche quando, favorita dall’espulsione di Del Sol (che è stata molto più importante di quella di Burgnich) la squadra nerazzurra ha attaccato a fondo alla ricerca del pareggio. Si potrebbe parlare di sfortuna, forse, se l’Inter avesse sbagliato goals già fatti per banali errori dei suoi attaccanti. Ma non è andata così…”.
LA FESTA: I TIFOSI E LA SQUADRA
E’ davvero una notte indimenticabile quella vissuta nello stadio di Roma. Il pubblico celebra la vittoria con una fiaccolata e Hurrà esalta il massiccio arrivo del popolo bianconero da diverse zone delle penisola. “Era gente che veniva da Brindisi, da Foggia, da Palermo, da Biella, da Milano, dalla Brianza, da Santa Croce sull’Arno, da Perugia. I dialetti del Veneto, del Piemonte, della Lombardia, dell’Emilia, dell’Umbria e del Sud, quanti del Sud, si mescolavano in un “cocktail” squisitamente italiano per esprimere la loro fede bianconera che non aveva voluto tener conto della statura dell’avversario, delle previsioni dei giornali che davano l’Inter favorita”. La festa della squadra è invece decisamente originale rispetto agli standard odierni. In piena notte i giocatori assistono a uno spettacolo (“due ore di distensione e di letizia”) dell’attore brillante Carlo Dapporto in un locale dei Parioli, dove il comico propone un repertorio di barzellette “anche un po’ salaci, quelle che non si possono raccontare in televisione”. Nel 1948, Dapporto aveva interpretato per il grande schermo una commedia dedicata al calcio, Undici uomini e un pallone, nella quale avevano fatte parte giocatori dell’epoca, tra i quali lo juventino Carlo Parola.