TORINO- In occasione del Salone del Libro di Torino, Massimiliano Allegri ha presentato il suo libro “È molto semplice” al pubblico, rispondendo anche a varie domande che gli sono state sottoposte dai giornalisti presenti in sala.
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“Sono emozionato. Nessuno avrebbe mai scommesso un euro che avrei scritto un libro. Il titolo? Me l’ha suggerito Ambra. Semplificare e trovare soluzioni ai problemi è qualcosa d’importante. Il libro è fatto di 32 regole, un numero che è imperfetto. All’interno ci sono episodi e narrazioni, racconto quello che ho vissuto calcisticamente. Scrivo come sono io e come ho gestito le diverse situazioni stagionali, non è che tutti devono fare come ho fatto io. Siamo tutti diversi e abbiamo percezioni diverse, questo è un libro sulle mie esperienze.
Cavalli? Scommettendo, un mio amico mi ha detto che sarebbe stato più facile allenare in Serie A che vincere un cavallo. Abbiamo vinto entrambi. Faccio sempre un paragone coi cavalli, loro sono animali e i giocatori sono uomini. Ci sono i cavalli di cuore e i giocatori di cuore, che servono per raggiungere obiettivi. Le similitudini mi servono anche nel lavoro. Il confronto e l’ascoltare è molto importante per me. No, non mi sento 007. Io ho da gestire giocatori, un manager delle persone. Alla Juve abbiamo giocatori bravi, scelti dalla società. Ora l’allenatore è più uno psicologo che un tecnico, che deve seguire il suo istinto. Credo molto alla percezione della partita da parte di un allenatore, dall’esterno la sensibilità è fondamentale. Quello che ti viene dalla pancia, lo devi fare, devi avere coraggio. Porto all’interno del libro un pezzetto dove c’è il gioco d’azzardo: quando devi puntare, devi farlo. Solo l’istinto ti aiuta. Non posso scimmiottare un altro.
“Se ci avessero insegnato di meno, avremmo imparato di più”. E’ una frase sul muro di Berlino. Mi batto per questo e lo farò fino alla fine, per i ragazzi giovani. Vale nel calcio e nella vita in generale. I primi ad aver paura siamo noi, non i ragazzini e non possiamo trasmettere insicurezze. Non posso neanche vedere che ai bambini li mettono lì a fare passaggi a caso, azzerandogli la creatività e la voglia di ingegnarsi. Poi smettono di giocare e gli altri non pensano. È questa la cosa più importante che i ragazzi devono imparare. Non mi vergogno e non ho paura di proteggerli, ma faccio loro solo del male e devo tenermi le mie paure e lasciarli fare, così imparano. Tendiamo ora a fare robe comandate, senza pensarci. Fare un passo indietro non è andare indietro di 40 anni, ma farlo per andare avanti. Come nella Juve: non può sempre vincere. La sconfitta ti aiuta a rialzarti e a ripartire, hai un’altra occasione e così vale nella vita. Ecco perché bisogna cambiare. Per tornare al detto: “È la regola più importante”.
Juve? Abbiamo giocato, quest’anno, belle partite. Poi per problemi legati a cose storte, come gli infortuni (pure strani), ci hanno danneggiato. A Valencia siamo rimasti in 10 dopo 10′, lì è venuto fuori il dna della Juventus, la squadra è stata in campo, attenta, aggressiva, ha voluto dimostrare che anche senza Ronaldo si può vincere. Col Manchester è stata la miglior partita, meglio di quella con l’Atletico.E sono tre partite diverse con tre interpretazioni diverse, per questo l’ho scritto, perché a Valencia bisognava giocare in un certo modo. Col Manchester abbiamo fatto partita bella, ma alla fine l’abbiamo persa. Dimostrazione che il calcio non è che se giochi benissimo, poi vinci la partita. Ci sono tante sfaccettature. Con l’Atletico tutto da guadagnare, giocata benissimo sotto tutti i punti di vista. Due vinte, e una partita persa: la migliore. Io devo arrivare all’obiettivo a prescindere, devo avere una strategia che dev’essere finalizzata all’obiettivo.
Ronaldo? A livello mentale è più forte degli altri. Trova obiettivi dentro se stesso, sotto quest’aspetto è micidiale e ha una lucidità e una cattiveria calcisticamente parlando che ha dell’incredibile. Il sabato mattina di solito facciamo la partitella, lui dice: “mister divertiamoci”. Ma il suo divertimento è vincere la partitella. Al Milan avevo Ibrahimovic, lui si arrabbiava se uno gli passava la palla sbagliata, io gli dicevo: “Scusa Ibra, se tutti fossero bravi come te non ci sarebbero problemi. Il più bravo deve mettersi sempre a disposizione di quelli meno bravi”. Quindi quello bravo deve avere l’umiltà di non mettere in difficoltà il meno bravo, ma vale nel calcio e vale in tutto. E su questo, Ronaldo è molto bravo.
Momento più bello? In casa, con la Fiorentina, quando abbiamo vinto lo scudetto. È normale che l’anno scorso abbia avuto un sapore più bello, perché vinto all’ultimo respito come il City, ma il valore è lo stesso, non è meno importante. Un traguardo straordinario, vincere non è normale ma difficilissimo. Sono felicissimo di questo risultato e non vedo l’ora di festeggiare domenica sera, perchè abbiamo vinto la metà delle competizioni a cui abbiamo partecipato.
Infortuni? I giocatori non sono come le macchine, che l’accendi e parti. Sono dei ragazzi che consumano, giocando a certi livelli, come Spinazzola con l’Atletico, energie fisiche e mentali. Se non sei abituato, alla Juve poi le paghi. Lui poi veniva da un infortunio lungo e ha pagato, ma qui devi avere un equilibrio mentale che non ti porti a nessun saliscendi. Se ce la fai di testa, pure se devi riposare, puoi giocare. Dopo Madrid, in conferenza, ho detto: “Se avessimo giocato una settimana dopo, saremmo stati eliminati al 100%”. Dovevamo metabolizzare e io dovevo lavorare con la squadra per recuperare infortunati. Subito dopo avevamo Bologna fuori casa e Napoli fuori casa, non c’era da pensare a Madrid. Dovevamo avere la lucidità di vincere e sono stati bravi i ragazzi”.